La conferenza stampa a Trani
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Cronaca

Fondali marini devastati per pescare i datteri. «Danni inestimabili»

L'indagine della Procura di Trani pone domande «su una questione culturale», ha detto Nitti. L'ipotesi di reato è procurato disastro ambientale

Un'inchiesta che ha rivelato «come una attività tra le più devastanti per il fondale marino, era diventata prassi». E che pone domande «su una questione culturale, ovvero il consumo del dattero di mare che per essere recuperato richiede l'uso di martelli che danneggiano in alcuni casi irreversibilmente il fondale marittimo».

È quanto spiegato dal capo della Procura della Repubblica di Trani, Renato Nitti, sull'operazione portata al termine questa mattina dagli uomini della Capitaneria di Porto a Molfetta. 57 gli indagati di cui 54 persone e 3 enti accusati di 84 ipotesi di reato tra associazione per delinquere, danneggiamento e deturpamento di beni paesaggistici, inquinamento, disastro ambientale, minacce a pubblico ufficiale e vari illeciti amministrativi contestati agli enti coinvolti, ha specificato Nitti.

In carcere sono finite 25 persone, altre 10 sono state sottoposte agli arresti domiciliari col braccialetto elettronico, 3 a obblighi di dimora e 11 a divieti di dimora e di esercitare l'attività di impresa. I sequestri eseguiti sono stati 10 tra cui ci sono gli immobili in cui venivano venduti i prodotti e i natanti utilizzati per la pesca. «Tutti sapevano dell'illegalità della loro condotta», è stato sottolineato dal pubblico ministero Francesco Tosto che ha coordinato gli accertamenti investigativi.

Nel corso della conferenza stampa, svoltasi a Trani, si è parlato di una filiera che partiva dal danneggiamento per arrivare all'intermediazione, all'acquisto e infine alla rivendita del pescato a nord di Bari. La costa battuta dagli indagati partiva da Molfetta e arrivava fino a Barletta. «Una vendita da oltre mezzo milione di euro con un danno inestimabile per l'ambiente», ha poi evidenziato il comandante della Capitaneria di Porto di Molfetta, il capitano di fregata Raffaello Muscariello.

Utili sono state le intercettazioni telefoniche «senza le quali non avremo potuto ricostruire la rete di relazione, i ruoli degli indagati e la consapevolezza di quello che facevano», ha detto il comandante della Direzione Marittima di Bari, l'ammiraglio Donato De Carolis. Gli indagati erano divisi «in tre gruppi che collaboravano tra di loro, si scambiavano i mezzi e sceglievano i giorni «per non sovrapporsi nelle attività», ha riferito Nitti chiarendo che ognuno degli indagati aveva un ruolo.

«C'era il dattarolo - ha spiegato Nitti - che con bombola e martello si immergeva per recuperare i datteri, c'era chi si occupava dell'intermediazione con pescherie, ristoranti e singoli acquirenti. Pensare che le intercettazioni siano uno strumento superato è qualcosa di completamente scollegato dalla realtà», ha concluso.
  • Guardia Costiera
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