cassa lignea ove furono depositate le reliquie di San Nicola foto n. <span>Foto Cosma Cacciapaglia</span>
cassa lignea ove furono depositate le reliquie di San Nicola foto n. Foto Cosma Cacciapaglia
Vita di città

Il culto di San Nicola a Terlizzi dall'XI al XXI secolo

Il racconto di Vito Bernardi che ricostruisce la nascita e la diffusione della devozione nella città dei fiori

Vito Bernardi, studioso della storia della Puglia e di Terlizzi, fornisce un interessante spaccato sulla storia del passato della nostra comunità, con un approfondimento dal titolo "Il culto di San Nicola a Terlizzi dall'XI al XXI secolo", ricerche che rientrano nel progetto della Pro Loco Unpli Terlizzi approvato dalla Regione Puglia -Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio. Di seguito il suo testo completo.



All'inizio dell'XI secolo il Meridione d'Italia si presenta governato da gastaldi longobardi, da emiri musulmani , da catapani bizantini (876 -1071) che avevano elevato la città di Bari a Catapanato nel 970 e infine dai Normanni. Provenienti dalla Normandia si insediano nel Sud attratti dalla ricchezza e benessere di territori dove si diceva scorresse latte e miele per la ricchezza prodotta dai tanti casali che dopo l'anno Mille misero in essere una profonda trasformazione agraria delle terre boschive. Nella conquista i Normanni furono favoriti dalle continue lotte che avvenivano tra le grandi potenze dell'epoca, Papato, Impero, Longobardi , impegnate a sottrarre all'impero bizantino terre, borghi e città. Al fine di consolidare la loro conquista iniziata il 1009 e terminata il 1197, cercarono l'appoggio della Chiesa e delle chiese locali legate alla sede petrina dopo lo scisma d'Oriente del 1054 che aveva separato la chiesa greca da quella latina .In Puglia i principali centri di culto furono protetti e potenziati ma anche governati e controllati dalla politica di questi cavalieri che assimilarono gli usi e i costumi delle popolazioni indigene. I luoghi di culto fortemente condizionati dalla politica normanna erano concentrati lungo la fascia adriatica.

Si citano: Barletta con San Ruggero, Trani con San Nicola Pellegrino, Bisceglie coi Santi Mauro, Sergio, Pantaleone, Molfetta con San Corrado. Il possesso e il controllo di chiese e monasteri con la concessione di beni a personalità ierocratiche costituivano per i Normanni uno strumento di prestigio non solo religioso ma anche politico e sociale. I santi e le reliquie davano alla chiesa che li custodiva un alone di sacralità ,alla città che li ospitava importanza e grandezza. Una politica quella normanna in stretto contatto con i vescovadi e le autorità monastiche, soprattutto benedettine, che consentì il consolidamento del loro potere e di conseguenza contribuì alla creazione dello stato normanno feudale. Tra i normanni insediatisi in Puglia nell'XI secolo, troviamo Amico(1064-91), figlio del normanno Gualtiero conte di Civitale(1030-60), un comes(parola latina, compagno) della feudalità normanna che porterà il locus Tillizo verso l'autonomia politica, sociale ed economica ,facendolo assurgere a castellum o castrum. Con la signoria dei suoi eredi il castrum diventerà civitas. Nel 1066 occupa la bizantina Giovinazzo nel cui territorio rientra il locus Tillizo .

"Amico, afferma lo storico Francesco Babudri, è un normanno, in cui agisce una continua bramosia d'indipendenza"(Il conte Amico di Giovinazzo: la sua impresa adriatica e la marineria Apulo-Normanna"- in A.S.P. anno XI,fasc.I-IV,1959).

Nella conquista assume un comportamento devoto verso la Chiesa e i suoi rappresentanti. Nella primavera del 1075 intraprende una spedizione in Dalmazia con milites reclutati in Giovinazzo, Terlizzi e Molfetta, possedimenti del Nostro. In questa terra posta sulla costa orientale dell'Adriatico la minoranza della popolazione era fortemente legata alla politica di papa Gregorio VII, la maggioranza alla politica di Bisanzio. Il conte desiderava crearsi una propria contea in Oriente e sostenere la riforma di papa Gregorio in un territorio ancora sotto l'influenza dell'arcivescovado di Bari legato alla politica del papato, il quale cercava di tenere sotto controllo la Chiesa meridionale che l'impero bizantino stava grecizzando. Nel continente e nelle isole dalmatici dominava il partito scismatico, continue lotte avvenivano tra slavi e latini.

Una situazione conflittuale che scosse molto la sensibilità religiosa del conte Amico. Dal punto di vista militare il conte con i suoi milites mise in campo la sua abilità e il suo coraggio guerriero, la sua profonda conoscenza dell'arte della guerra. La conquista di Arbe, Spalato, Zara( città della Croazia)soggette ad attacchi duri e violenti dal 14 aprile al 9 maggio 1075 gli permise un temporaneo successo militare ma la repubblica di Venezia, potenza nell'Adriatico, lo costrinse a lasciare e ritornare in Puglia. Quella vittoria aveva soltanto provocato al partito gregoriano e alla romanità un modesto consolidamento di posizioni.

Antiche leggende riportano, come la cosiddetta "Revelatio di S.Nicola", che i milites, al seguito di Amico, di ritorno da questa spedizione militare raccontavano che la vittoria era stata voluta dal Beato Nicola che col suo intervento aveva condizionato l'esito dell'impresa. Durante quella avventura il conte era rimasto molto impressionato non solo dalla forte conflittualità esistente tra greci e romani ma anche dalla forte venerazione che greci e slavi scismatici tributavano al Santo di Myra (ora Dembre, città della Turchia), ancora prima della traslazione delle sue reliquie a Bari. Un culto che si diffuse nel mondo bizantino slavo sin dal VI secolo ed anche nel Meridione sotto la dominazione bizantina, ove la maggioranza era di rito greco solo una piccola minoranza era di rito latino. Durante il papato di Vittore III, le reliquie di Nicola(nome che deriva da due parole greche: nico, vincitore; laos, popolo) furono portate da Myra, antica città della Licia in Asia Minore, a Bari con tre navi da sessantadue marinai che arrivarono la domenica del 9 maggio del 1087 verso il vespro nel porticciolo di Cala Pantano a San Giorgio, e accolte con entusiastica gioia dal popolo che si mise in cammino con torce accese, pregando e salmodiando, verso la chiesa di San Sossio sita nella lama San Giorgio ove furono deposte.

Il giorno dopo il popolo orante le portò nella chiesa di San Nicola del Porto, dopo le consegnò all'abate Elia del monastero di San Benedetto, successivamente furono condotte nella Corte del Catapano. Questo luogo, secondo una leggenda, fu scelto dai buoi che trasportavano il corpo del Santo i quali arrivati alla Corte si fermarono e non vollero più spostarsi, segno premonitore dove doveva riposare il Santo. Secondo la tradizione il Taumaturgo desiderava che il suo corpo fosse custodito in una città occidentale "hic quiescent ossa mea" per evitare lo scempio che sicuramente ne avrebbero fatto i Mamelucchi, mercenari non musulmani al servizio dei vari califfi, invadendo Myra nel 1077.

La Leggenda di Kiev, una descrizione molto semplice sulla traslazione, ci dice che lo stesso Santo un anno prima del trasporto dei suoi resti mortali da Myra a Bari, la città occidentale ove desiderava riposare, avrebbe preannunciato questo suo desiderio ai quattro monaci custodi della tomba di cui due seguirono i marinai baresi nel trasporto. Quel giorno di maggio ad accogliere il Taumaturgo di Myra era presente tutta la nobiltà normanna tra cui non poteva mancare il nostro conte Amico che sicuramente in quel momento avrà pensato alle popolazioni della Dalmazia che aveva conosciuto ed apprezzato perché tanto devote al Divino Nicola. Lo troviamo a Bari nel successivo mese di giugno insieme ad autorevoli nobili normanni per firmare una importante pergamena(C.D.B.-I-Le Pergamene del duomo di Bari-; doc.n.32-Ruggiero duca, an.1087, giugno, indiz. X ) con la quale il normanno Ruggero d'Altavilla detto" Borsa" (nomignolo datogli perché da piccolo si dilettava con le monete),duca di Puglia, Calabria e Sicilia, figlio di Roberto il Guiscardo ("In nomine sancte et individue Trinitatis, ego Rogerius divina favente clementia dux ducis Robberti f…") donava la Corte del Catapano, sede del rappresentante dell'imperatore bizantino, per la edificazione della chiesa che diverrà la sede del riposo del Santo , all'arcivescovo di Bari Ursone , fautore della corrente bizantina ma fedele al rito latino, sostituito alla sua morte dall'abate Elia sostenitore della corrente normanna. Nel documento del 1087, redatto dal notario Grimoaldo, cosi si esprime il duca Ruggero: "Concediamo e doniamo e confermiamo la stessa corte, con tutte le sue pertinenze dentro e fuori, al suddetto arcivescovo.

Egli e i suoi successori e l'episcopio abbiano il permesso di farne ciò che ne vorranno e la chiesa in onore del Beatissimo Nicola che ivi sarà edificata, la predetta corte e la chiesa in essa costruita e qualsiasi altro edificio siano sempre nella podestà dell'arcivescovado ".Inoltre,Ruggero conferisce ad Ursone potere anche su terre e chiese, sulla Giudecca(quartiere ebraico) e sulle decime del padre Roberto. Cinque nobili normanni sono presenti a questo importante evento, tra cui il conte Amico, i quali procedono alla firma di quella consegna (Ego Roggerius dux ss.; Signum Boamundi f. Robberti ducis; Signum Robberti f. ducis Robberti; Ego Gualterius Troianus episcopus laudo ed confirmo; Signum Henrici comitis de Monte; Signum Amici comitis) (Cod.Dipl.Barese,I,n.32,pp.59-61). "Quell'atto, afferma lo storico Gaetano Valente, ha tutto il sapore di un vero e proprio arbitrato per dirimere i contrasti di fazioni per l'affidamento e la custodia delle reliquie del Santo di Mira"(Feudalesimo e Feudatari-Periodo normanno 1071-1194-p.71).

Terminata la cripta della costruenda basilica , papa Urbano II venne di persona a Bari per consacrarla(1089). Con privilegio del 18 novembre 1105 papa Pasquale II dichiarava la chiesa di San Nicola soggetta alla Santa Sede e non alla giurisdizione vescovile. Le reliquie trovarono sistemazione sotto l'altare della cripta. Nel giorno della Traslazione e nei giorni successivi avvennero molti miracoli. "La legggenda del monaco Niceforo" (Cod. Vaticano lat. 5074-p.5 verso a p.10 verso, in due colonne. Prima metà del sec. XII) dedica alcune pagine ai miracoli, indicando il male del quale il devoto chiedeva la grazia della guarigione, il nome e il luogo d'origine dello stesso. Niceforo , monaco benedettino barese, fu un testimone diretto dei fatti miracolosi avvenuti, di cui alcuni gli furono riferiti dai miracolati . Racconta che una fiumana di gente di ogni dove che parlava lingue diverse con il seguito di infermi, conoscendo le virtù taumaturgiche dell'Arcivescovo di Myra, si mise in cammino alla notizia dell'arrivo delle reliquie a Bari. Veniva da Bitonto , Conversano, Molfetta, Noia, Terlizzi, Trani, Ascoli, Montescaglioso, Oria, Taranto, Ancona, Amalfi, Camerino, Siponto, dall'Armenia, dalla Bulgaria, da Durazzo. Alcune compagnie avevano al seguito i propri vescovi come quella di Bitonto con il vescovo Arnolfo , di Oria con Guidonio, di Conversano con Leone. Anche un gruppo di pellegrini Tillizisi devoti del Santo si mise in cammino per raggiungere Bari.

Immaginiamo forniti di poche cose, solo il bastone come sostegno e la bisaccia( vesàzze) per il pane. Questa fiumana pellegrina si diresse prima al Monastero di San Benedetto poi alla Corte del Catapano. In seguito l'abate Elia istituirà per i pellegrini l'Ospizio o Ospedale dei pellegrini affidato a un "rettore" che gestiva beni immobili, rustici e urbani ,legati pii donati dai devoti e dai fedeli. Con le rendite provenienti da queste donazioni l'Ospedale garantiva ospitalità alle compagnie in visita alla basilica alle quali venivano garantiti da uno a tre pasti a seconda che provenivano dal "regno o dal fuori regno". Seguirono l'esempio dell'arcivescovo Elia anche il conte Amico e Pietro II, vescovo di Giovinazzo, i quali istituirono ospizi per i pellegrini diretti al Santo. Anche la leggenda di Giovanni, arcidiacono di Bari( Translatio S. Nicolai Barum auctore Iohanne Archidiacono Barensi.(Hist.eccl.,lib.VII,p.653,ad an.1087)accenna ai numerosi miracoli operati da S. Nicola nei primi giorni di permanenza del corpo. Quando le reliquie dal Monastero di S. Benedetto furono trasferite nella Corte del Catapano le guarigioni miracolose continuarono. Furono guariti da diverse infermità uomini e donne ciechi, muti, storpi, indemoniati, lunatici provenienti da diversi paesi.

Le due leggende di Giovanni, arcidiacono di Bari, e di Niceforo sono citate anche nell'opera di Niccolò Putignani, canonico e Vicario del Regio Priorato di Bari, dal titolo "Istoria della vita, de' miracoli e della traslazione del Gran Taumaturgo S. Niccolò Arcivescovo di Myra, Padrone e Protettore della Città, e della Provincia di Bari"(Napoli 1771).

Nella Corte del Catapano avvenne la guarigione di una donna terlizzese come racconta il monaco Niceforo nella sua Leggenda. Questa guarigione non viene riportata nella citata opera del canonico Niccolò Putignani come affermano alcuni studiosi. Il Niceforo nella descrizione dei fatti mette in particolare risalto il giorno della guarigione della Tillizisa, il mercoledì e non la domenica come generalmente viene riportato dagli storici locali. Il brano in latino riportante la guarigione così recita: "…Postquam vero ipsa feria portavimus idem sanctum corpus in eamdem curtem curati sunt quattuordecim infirmi, quos item dinumerare longum est. In quarta quoque feria, curati sunt viginti et novem infirmi. Primum, quedam mulier tota arida de villa que dicitur tellizzus et quedam puella de civitate betunto…"(Dopo, in verità, lo stesso giorno(la domenica)portammo il santo corpo nella medesima corte, furono guariti quattordici malati, elencarli è cosa lunga. Pure il mercoledì ,furono guariti ventinove infermi. Per prima, una donna tutta inaridita del locus che viene chiamato Tillizo e una fanciulla della città di Bitonto…).

I Tillizisi che l'accompagnavano rimasero, certamente, profondamente scossi dalla repentina guarigione della donna affetta da paralisi, un miracolo che rafforzò in loro la fede e la devozione verso il Santo Miroblita d'Oriente e d'Occidente, al quale avevano dedicato l'anno prima della traslazione delle reliquie, nel 1086, una chiesa sotto il titolo di Sancti Nicolai de Lacu consacrata dal Vescovo Pietro(II) della diocesi di Giovinazzo alla presenza di Fuscone, archipresbiter della ecclesia Sancti Michaelis Arcangeli. Quei primi pellegrini Tillizisi di ritorno avranno sicuramente portato con loro come ricordo del loro incontro con il Beato Nicola qualche dose della sacra manna, liquido che si formava e si forma nella tomba del Santo. Per tutto il Medioevo e nei secoli successivi i nostri padri iniziarono a percorrere a maggio(il mese della traslazione) o a dicembre(la festa liturgica) in gruppi un itinerario chiamato da alcuni "Cammino di San Nicola", lungo gli antichi tratturi della transumanza, diretti alla basilica del Santo dei pellegrini, per prostrarsi a pregare e chiedere grazie nella cripta ove è custodito il corpo del Divi Nicolai.

Il viaggio veniva fatto a piedi o con i traini. La compagnia era guidata da un priore che conosceva già l'itinerario da seguire. L'occorrente per il viaggio consisteva in un bastone sulla cui cima veniva messo un mazzo di rosmarino, scarponi ai piedi, un cappello in testa ,un ombrello e qualche coperta per attutire il freddo della notte. Nella bisaccia a tracolla veniva messa la "sckanata"( pane nostrano a treccia del peso di due chili),fave e "nu fiàske" di vino. Il viaggio veniva interrotto per qualche pausa di riposo e ci si fermava presso un ospizio di chiesa o di monastero o presso qualche taverna.

Arrivati a destinazione si scendeva nella cripta e presso la tomba del Santo si pregava e si chiedevano grazie, poi si partecipava alle sacre funzioni. Terminato il pellegrinaggio si ritornava al paese, portando qualche santino o l'ampollina della manna e dagli anni venti del Novecento il Pane di San Nicola a forma di tarallo che i frati della Basilica offrivano ai pellegrini che si recavano a maggio. Purtroppo la tradizione del pellegrinaggio al Santo dei pellegrini nell'ultima metà del Novecento si è quasi affievolita. Solo pochi devoti ancora oggi si recano a maggio o a dicembre a Bari ,non più percorrendo l'antico tragitto dei nostri padri, ma strade moderne.

Vito Bernardi -Studioso di Terlizzi
11 fotoIl culto di San Nicola a Terlizzi dal XI secolo al XXI secolo
Basilica di San Nicola sec XII foto ncassa lignea ove furono depositate le reliquie di San Nicola foto nSigillo dellarcivescovo Elia Sul verso Madonna con Bambino e scritta Madre di Dio foto nCripta Basilica San Nicola foto nAtti Visita apostolica Mons Pacecco foto nBassorilievo parete esterna posteriore Basilica di S Nicola sec XIV XV foto nCorte del Catapano Bari foto nLa civitas Terlitii disegno di M Gargano da G Valente Feudalesimo e Feudatari I p foto nPellegrino in visita alla Basilica sec XX Archivio fotografico Basilica San Nicola foto Ficarelli foto nTomba reliquie di San Nicola foto nVisita pastorale chiesa di S Nicola foto n
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