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Eventi e cultura

Grassi: "Continueremo a fare luce su Moro"

Presenti Michele Emiliano e Antonio De Caro

Nel centenario della nascita di Aldo Moro, ieri sera in una gremita Pinacoteca De Napoli si è commemorato il ricordo dello statista italiano, affiancando alla mesta rievocazione storica della sua tragica dipartita, il tentativo di far luce sulle cause recondite che l'hanno violentemente determinata. Tra i numerosi ospiti presenti, hanno omaggiato l'evento organizzato dal Partito Democratico Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, e Antonio De Caro, sindaco di Bari, che hanno avuto il delicato compito di illustrare le innumerevoli difficoltà che ogni figura politica e istituzionale deve fronteggiare, in un bilanciamento di interessi che coinvolgono più parti di estrazioni diverse. Un pesante «testamento politico e morale» è il lascito moroteo che va interpretato come assunzione di responsabilità per il rispetto e l'esaltazione del senso collettivo della politica, al servizio della comunità.

«Non è possibile dimenticare i cinquantacinque giorni di prigionia di Moro. Ma certamente non è pensabile ricordarlo solo rannicchiato nella Renault 4 rossa. Sono tanti anni che cerco di tirarlo fuori da quella macchina» commenta Gero Grassi, vicepresidente gruppo PD Camera dei Deputati, che è impegnato nella continua ricerca di una verità nuda e cruda sulle dinamiche che hanno condotto al sequestro di Moro. Attraverso le sue conferenze tenute in ogni angolo d'Italia, Grassi precisa che «solo i piedi sono rimasti dentro, ma metteremo fuori anche quelli», evidenziando con amarezza che il nostro Paese è spaccato in due «da un lato c'è l'Italia che agogna alla verità, dall'altro si rimane fermi ad un'Italia conservatrice. Moro è stato molto amato ma anche molto odiato dai suoi connazionali. È stato ucciso per quello che è stato, che ha rappresentato, che ha detto, che ha fatto».

Un'esternazione commossa ma colma di rabbia quella di Maria Fida, la figlia primogenita di Moro, che non si dà pace per l'infausto destino del padre. «Continua a morire giorno dopo giorno. L'Italia ha lasciato che venisse assassinato un uomo innocente. Moro non è morto per caso. È stato bloccato un progetto europeista in cui lui era coinvolto». Maria Fida contesta anche il fatto che la sua famiglia patisce lancinanti sofferenze dal momento che non viene invitata alle manifestazioni che riguardano suo padre. Con le lacrime agli occhi, fa sentire la sua voce «Le belle parole non bastano. Se l'Italia non si assume le sue responsabilità per la morte ingiusta di mio padre, non può riscattarsi».

Franco Barile, segretario del PD terlizzese, delinea una figura politica che con la sua «apertura» cominciò a spargere i semi dell'attuale centrosinistra. «È per questo che il PD ha il dovere di portare avanti Aldo Moro. Ha combattuto in maniera estenuante per le sue idee, le quali lo hanno condotto alla morte. È un martire cui dobbiamo ispirarci».

Aldo Moro coltivava un rapporto intimistico con la Puglia, sua terra natale. Ninni Gemmato, primo cittadino di Terlizzi, ricorda il comizio tenuto da Moro nella nostra città nel lontano giugno del 1976 e sottolinea la necessità di costruire «un pantheon di figure istituzionali di riferimento» all'interno del quale essere uniti, superando le divergenze politiche. Le testimonianze, dirette ed indirette, dei sindaci di Bitetto, Alberobello, Palo del Colle e Noci hanno tracciato il profilo di un uomo lungimirante, che metteva al centro del suo pensiero la persona, ancor prima dell'esser cittadino, cui vanno riconosciuti i diritti fondamentali sanciti nella Costituzione. I comizi tenuti nei diversi paesi della nostra regione erano accolti da un bagno di folla che lo acclamava entusiasta, nonostante negli stessi paesi venisse osteggiato dalla sua contrapposta compagine politica.

Aldo Moro, però, va celebrato non solo per il suo ruolo di politico, ma anche per quello di accademico e giurista. Ugo Patroni Griffi, professore universitario nonché avvocato, valorizza il rapporto simbiotico che esisteva tra Moro e l'università di Bari, la quale nel 2008 prende il suo nome. «Moro non ha mai messo da parte il suo ruolo di docente. Andava a lezione, riceveva gli studenti e solo dopo si recava alle riunioni istituzionali. Amava conoscere i suoi allievi, era solito fare l'appello proprio per entrare in contatto con loro. Le accademie continuano a piangerlo».
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