
Attualità
A Terlizzi una traversa intitolata a don Gaetano Valente
L'iniziativa è stata annunciata nel corso della serata in onore del Monsignore
Terlizzi - sabato 13 dicembre 2025
Come segno di riconoscenza per l'importante contributo spirituale e culturale apportato da don Gaetano Valente nel corso della sua esistenza alla nostra comunità, a Terlizzi sarà intitolata la prima traversa di via Giovinazzo: ciò è stato annunciato dall'amministrazione De Chirico nel corso dell'evento di giovedì scorso, 11 dicembre, partecipato da quanti preservano la memoria del presbitero, al fine di poterla trasmettere ai più giovani. È ancora vivida l'immagine di Monsignor Valente, insignito di tale titolo onorifico per elevarlo, appunto, a cappellano di Sua Santità: il suo ricordo va celebrato per poter consentire non solo ai curiosi e agli appassionati, ma anche all'intera collettività di poter beneficiare delle sua prolifica produzione editoriale.
«Fine latinista e intellettuale, poliedrico, non bigotto, irreprensibile nelle ricerche, dall'impronta illuministica e laica» sono alcuni dei tratti della personalità di Valente, puntualmente ripercorsi da Angelo D'Ambrosio, storico ed ex assessore della nostra città, che in una dissertazione ben calibrata ha narrato il suo rapporto con lo stesso don Gaetano, esaltandone le indiscusse qualità umane, oltre che quelle di pregiato studioso.
Sebbene sia stato sempre affascinato dalla storia, don Gaetano Valente, però, ha esordito nell'editoria negli anni Settanta, all'età di cinquantatré anni, sotto impulso vescovile. Non è stato di certo «uno storico per caso», ma il suo acume critico ha trovato maggiore respiro in età adulta. È riuscito a cogliere l'importanza delle storie locali - da alcuni definite «storie minori» - che assolvono una funzione identitaria, restituendo le origini della propria provenienza. Si è, dunque, concentrato sulla «ricerca periferica», conscio del fatto che «la conoscenza del divenire presente senza memoria e senza passato diventa un'impresa difficile da realizzare».
Prima di don Gaetano la storia di Terlizzi non veniva presa in seria considerazione, perché la sua ricostruzione non era effettuata con i criteri della storiografia scientifica: il merito del nostro illustre, quindi, si rinviene nella padronanza delle fonti, nell'approccio autorevole e nell'impiego del metodo scientifico di analisi e di correzione degli errori, alimentato da interessi vivaci e orientati in varie direzioni. Per sua dedizione e instancabile stimolo, si è intensificata l'attività storiografica, spaziando notevolmente in varie ramificazioni del nostro territorio tra cui rientrano, in un mero elenco esemplificativo, pagine pregne di sudore: da Ciurcitano alla Madonna di Sovereto, dal centro devozionale di Maria di Cesano alla confraternita del Rosario, dalla musica sacra alla pastorella natalizia, dalla ricognizione storico-artistica delle chiese cittadine alla riconfigurazione del feudalesimo.
Anche don Gaetano, tuttavia, ha subito, almeno in una fase iniziale, il detto «Nemo propheta in patria», non riscontrando molto successo: si registravano, infatti, scarsi coinvolgimenti pure dagli organismi parrocchiali che non attribuivano il giusto peso all'attività svolta. Tra gli strenui sostenitori, al contrario, si annovera il compianto vescovo don Tonino Bello, il quale si complimentava con lui per l'impegno profuso; a suo favore si schierarono anche illustri docenti universitari che lo sorressero nel lavoro immane sul quale si cimentò per diversi anni.
Va dato atto, peraltro, che don Gaetano agiva con umiltà e amore per l'obiettivo, tanto che investì molto del suo denaro per la stampa delle copie dei volumi da destinare, ad esempio, alla stampa locale, ai periodici diocesani e alle edicole. Angelo D'Ambrosio - che con don Gaetano ha condiviso momenti di vita conviviali con i pranzi in campagna in compagnia di monaci, abati e vescovi - ne avverte la mancanza per lo spessore del suo animo. «Prima inseparabili nella realtà, adesso indivisibili nel vincolo di affetto».
A tenere vivo lo spirito di don Gaetano è soprattutto la sua famiglia: in particolare la nipote Raffaella, che rimembra il timore riverenziale nutrito verso «zio Nanuccio», si è fatta carico, con pazienza e ardore, di implementare l'archiviazione dell'immenso lascito letterario, inventariato secondo le disposizioni testamentarie dello stesso don Gaetano.
«Fine latinista e intellettuale, poliedrico, non bigotto, irreprensibile nelle ricerche, dall'impronta illuministica e laica» sono alcuni dei tratti della personalità di Valente, puntualmente ripercorsi da Angelo D'Ambrosio, storico ed ex assessore della nostra città, che in una dissertazione ben calibrata ha narrato il suo rapporto con lo stesso don Gaetano, esaltandone le indiscusse qualità umane, oltre che quelle di pregiato studioso.
Sebbene sia stato sempre affascinato dalla storia, don Gaetano Valente, però, ha esordito nell'editoria negli anni Settanta, all'età di cinquantatré anni, sotto impulso vescovile. Non è stato di certo «uno storico per caso», ma il suo acume critico ha trovato maggiore respiro in età adulta. È riuscito a cogliere l'importanza delle storie locali - da alcuni definite «storie minori» - che assolvono una funzione identitaria, restituendo le origini della propria provenienza. Si è, dunque, concentrato sulla «ricerca periferica», conscio del fatto che «la conoscenza del divenire presente senza memoria e senza passato diventa un'impresa difficile da realizzare».
Prima di don Gaetano la storia di Terlizzi non veniva presa in seria considerazione, perché la sua ricostruzione non era effettuata con i criteri della storiografia scientifica: il merito del nostro illustre, quindi, si rinviene nella padronanza delle fonti, nell'approccio autorevole e nell'impiego del metodo scientifico di analisi e di correzione degli errori, alimentato da interessi vivaci e orientati in varie direzioni. Per sua dedizione e instancabile stimolo, si è intensificata l'attività storiografica, spaziando notevolmente in varie ramificazioni del nostro territorio tra cui rientrano, in un mero elenco esemplificativo, pagine pregne di sudore: da Ciurcitano alla Madonna di Sovereto, dal centro devozionale di Maria di Cesano alla confraternita del Rosario, dalla musica sacra alla pastorella natalizia, dalla ricognizione storico-artistica delle chiese cittadine alla riconfigurazione del feudalesimo.
Anche don Gaetano, tuttavia, ha subito, almeno in una fase iniziale, il detto «Nemo propheta in patria», non riscontrando molto successo: si registravano, infatti, scarsi coinvolgimenti pure dagli organismi parrocchiali che non attribuivano il giusto peso all'attività svolta. Tra gli strenui sostenitori, al contrario, si annovera il compianto vescovo don Tonino Bello, il quale si complimentava con lui per l'impegno profuso; a suo favore si schierarono anche illustri docenti universitari che lo sorressero nel lavoro immane sul quale si cimentò per diversi anni.
Va dato atto, peraltro, che don Gaetano agiva con umiltà e amore per l'obiettivo, tanto che investì molto del suo denaro per la stampa delle copie dei volumi da destinare, ad esempio, alla stampa locale, ai periodici diocesani e alle edicole. Angelo D'Ambrosio - che con don Gaetano ha condiviso momenti di vita conviviali con i pranzi in campagna in compagnia di monaci, abati e vescovi - ne avverte la mancanza per lo spessore del suo animo. «Prima inseparabili nella realtà, adesso indivisibili nel vincolo di affetto».
A tenere vivo lo spirito di don Gaetano è soprattutto la sua famiglia: in particolare la nipote Raffaella, che rimembra il timore riverenziale nutrito verso «zio Nanuccio», si è fatta carico, con pazienza e ardore, di implementare l'archiviazione dell'immenso lascito letterario, inventariato secondo le disposizioni testamentarie dello stesso don Gaetano.




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