Nichi Vendola torna in politica?

Una lettera aperta per raccontare il suo momento dopo la sentenza Ilva e lanciare una promessa

venerdì 11 giugno 2021 17.25
A cura di La redazione
Il terlizzese Nichi Vendola torna in politica? Molto probabilmente.
Con una lettera affidata ai canali social, l'ex presidente della Regione Puglia ha inteso ribadire la sua posizione sulla vicenda giudiziaria legata all'ormai ex Ilva di Taranto che lo ha coinvolto e, forse, travolto.
Ma non si arrende e ha deciso di rompere il silenzio a cui si era consegnato da una parte per proteggere la sua privacy e dall'altra proprio perché era finito in quella inchiesta. Un passaggio molto interessante è rappresentato dalla presa di posizione espressa da Vendola, impensabile a sinistra fino a qualche anno fa, circa la necessità di una riforma della giustizia, in Italia rimandata da almeno 20 anni e spesso non per colpa degli avversari politici dell'ex Governatore.
Vendola non si propone, o almeno così par di capire, in prima persona, ma punta a stare «sui margini della scena». Una presenza discreta, che funga da riferimento, dunque, per una sinistra che non può rimanere impaludata su impostazioni ormai superate. Fu innovatore in Puglia nel 2005 e proverà ancora a suonare la carica, alzando il livello del confronto, mai personale ma sulle idee. Ci riuscirà?
Di seguito la sua lettera che appare, soprattutto nel finale, un manifesto d'intenti (Gianluca Battista).


«Ciao a tutte e a tutti.
Come forse saprete, la ragione del mio allontanamento dalla scena pubblica è legata al coinvolgimento, per me drammatico e inatteso, nell'inchiesta sull'Ilva.
In questi anni ho scelto di difendermi nel processo e non dal processo, rinunciando anche a reagire alla campagna politico-mediatica che si è svolta parallelamente allo stesso.
Penso che il trasferimento dei processi dai tribunali ai talk show e la conseguente pressione mediatica nuocciano alla giustizia.
Penso che la "guerra dei trent'anni" tra potere politico e potere giudiziario abbia fatto male alla nostra democrazia, diventando l'alibi che ha di fatto impedito una seria riforma della politica e della giustizia.
Tuttavia io sono stato in disparte, anche perché l'unica ricchezza che ho cumulato nella mia vita è la reputazione, che non è un diploma o un curriculum ma l'immagine e il senso stesso di una vita intera.
Per me l'immagine e il senso di una storia di militanza cominciata all'inizio degli anni Settanta del secolo scorso, cioè cinquant'anni fa.
Io attendevo dalla Corte di Taranto, dopo 8 anni di processo, di essere restituito a questa storia e all'assoluta correttezza delle mie azioni.
Così non è stato.
Aspetterò l'esito dell'appello con la stessa convinzione.
Ma a differenza degli anni passati non rinuncerò a parlare delle cose che mi stanno più a cuore.
Sia pure dai margini della scena, vorrei continuare a offrire un punto di vista che deriva da un'inesausta passione politica, che è passione per la vita e il vivente, passione per il mondo e per i diritti.
Credo sia urgente elevare il livello del dibattito pubblico alla luce delle lezioni della pandemia, che disvelano la fragilità dell'esistenza umana, ma anche la follia di un modello di sviluppo incentrato sul dominio del profitto e sull'irresponsabilità ambientale, e che ad oggi vedono come effetto dirompente il moltiplicarsi delle disuguaglianze.
Nell'attesa che la giustizia completi il suo cammino, senza mai sottrarmi al vaglio critico dell'autorità giudiziaria, riprendo la parola, tornando dall'esilio in cui avevo scelto di stare.
Ci sentiamo presto,
Nichi»