
Eventi e cultura
Gecchi Ventura racconta a TerlizziViva il suo "Il terzo allegato"
La nostra intervista esclusiva allo scrittore
Terlizzi - lunedì 20 dicembre 2021
9.44
È rimasto alquanto soddisfatto Gioachino Ventura, da sempre chiamato Gecchi, scrittore terlizzese di cinquantasei anni, per la prima presentazione del suo secondo romanzo distopico, "Il terzo allegato", svoltasi nella cornice del Chiostro delle Clarisse lo scorso venerdì 17 dicembre.
La pandemia zombie è l'escamotage letterario impiegato da Ventura per una riflessione sulla gestione dell'emergenza, rivelandosi quasi profetico su alcuni aspetti dell'attuale pandemia da coronavirus, dato che il libro è stato scritto nel 2013. Peraltro "Il terzo allegato" è il nome del documento con cui viene contrastata l'emergenza sanitaria del virus che trasforma in morti viventi.
La redazione di TerlizziViva ha intervistato l'autore ponendogli alcune domande sulle principali tematiche affrontate, così da stimolare la curiosità dei lettori su un talento nostrano.
Ventura, la copertina del libro è piuttosto evocativa: una graffetta insanguinata, quasi a voler sottolineare le oppressioni determinate dal potere. La tematica principale sottesa a tutte le pagine del romanzo è il primato della politica.
Ho scritto il romanzo nel 2013, anno in cui l'Italia non se la passava molto bene: provenivamo da una crisi economica devastante con un governo tecnico sfiduciato che faceva capo a Mario Monti e successivamente accantonato. Con le conseguenti elezioni, si era formato un nuovo assetto parlamentare con delle maggioranze più o meno definite.
Monti, quindi, era il punto di riferimento di allora: era un tecnico posto artatamente nell'arena politica che si era ritrovato in una situazione insostenibile sia per lui che per l'intero Paese.
Mi sono chiesto come avrebbe reagito il governo montiano uscente, delegato solo per l'ordinaria amministrazione, se fosse incorso in una tragedia immane: ho pensato che lo stress test potesse essere rappresentato da un'epidemia.
Gli zombie sono un pretesto letterario, ma non rappresentano il fulcro del romanzo: il vero protagonista è lo stato di emergenza. Più precisamente, il governo dell'emergenza viene attuato in una maniera che bypassa il potere esecutivo, per via di politici inadeguati e non competenti: non in grado, cioè, di gestire la situazione sanitaria, poiché il loro ruolo atteneva a superare la crisi economica.
Ho acuito, inoltre, i discorsi concernenti l'anti-politica: chiunque pretendeva di amministrare la cosa pubblica senza una particolare attitudine, se non quella di un'investitura da parte di burattinai che non volevano sporcarsi le mani.
Tirando le somme, il primato della politica per me è proprio questo: assumere soggetti qualificati che sappiano cosa stanno facendo grazie a un bagaglio di studio e conoscenze. Il rischio, altrimenti, è lasciarsi andare alla deriva tanto da allontanarsi dalla politica.
L'antipolitica, dunque, deriva da ciò: relegare alla non professionalità proprio il settore da cui promana qualsiasi attività umana.
La distopia è il genere letterario contrapposto all'utopia, prefigurata come l'appartenenza a un'ipotetica società caratterizzata da espressioni sociali o politiche opprimenti. Cosa l'ha spinta a prediligere questo filone?
Ritengo che la distopia sia una forma di creazione. Il libro è paradossale, cinico: è una forma catartica di distruzione. Non ha una finalità istruttiva, non cercando di insegnare niente a nessuno; al contrario, vuole tentare di rimettere a posto le cose, introducendo delle tragedie controllate, che sono tali perché su carta.
Questo tipo di esperimento di scrittura rappresenta anche una forma di autoanalisi con cui veicolare certe situazioni, tensioni, passioni.
Nelle pagine, inoltre, ho impiegato un duplice stile: da un lato, quello formale e ufficiale dei documenti istituzionali; dall'altro, una forma gergale. Ne è venuto fuori un prodotto complesso, a tratti irriverente e tragi-comico, ironico e pungente.
Nel romanzo si fa riferimento allo "stato di eccezione" con riguardo alla teoria del filosofo e politologo tedesco Carl Schmitt, secondo cui il potere del Governo è il luogo della decisione pura, con sospensione delle garanzie costituzionali. Invece, ultimamente, si è affacciata un'altra tesi, quella per cui in Italia vige uno "stato permanente di diritto" secondo il quale diritti e libertà non possono essere annientati, ma solo temporaneamente compressi in seguito a un procedimento di bilanciamento.
Ho indotto gli attori del romanzo a creare uno stato di emergenza per conseguire il risultato: salvare la specie umana, tant'è che l'Italia registra il maggior numero di sopravvissuti, due milioni a fronte di duecentotrenta milioni in tutto il mondo.
Cito lo "stato di eccezione" di Carl Schmitt, la corrente di pensiero più accreditata nei mesi in cui ho scritto il libro.
Ho ipotizzato che con l'attribuzione del potere in circostanze emergenziali alla Protezione Civile, il Commissario straordinario fosse la figura che potesse incarnare al meglio quella di risolutore delle problematiche. Le ordinanze emesse, usate come strumento prediletto anche in tempi di Covid, però rimanevano ineseguite; cosicché tutto era rimesso al carisma dei singoli governatori regionali.
Ne è derivato che le Regioni hanno agito in maniera diversa l'una dall'altra, in virtù delle loro peculiarità e dei loro specifici interessi con la conseguenza che, talvolta, non hanno avuto il coraggio di imporsi. L'Italia, quindi, non è potuta intervenire subito su determinate questioni per l'impossibilità di una classe dirigente che non aveva il Paese in mano.
Per non parlare poi del fatto che le modalità di informazione sulla pandemia zombie erano rimandate a romanzi di fantascienza, talk show e blog: allo stesso modo, in questi ultimi due anni di coronavirus, sono pullulate le fake news. È, pertanto, maturata la necessità di affidarsi solo a quotidiani giornalistici professionali che sappiano scremare l'entità delle fonti.
Da ultimo, ha fatto una strizzata d'occhio alla Chiesa cattolica, mettendo in salvo il Papa insieme a quello che rimaneva dei politici italiani.
Il Papa è una figura che contribuisce a creare un minimo di empatia nel lettore. La fede, quando tutto sembra perso, è un modo per commentare il senso di disorientamento. Il Governo del romanzo reputa importante salvare la massima autorità della chiesa cattolica quasi per rimettersi nelle mani del Signore.
Tra l'altro, diverse le citazioni bibliche: il primo capitolo, infatti, l'ho intitolato "Genesi di un'apocalisse", proprio per sottolineare l'inizio della fine; ho anche dedicato una sezione al mito dei "dieci giusti di Sodoma".
Ho immaginato pure che per la seconda volta Roma fosse dichiarata "città aperta": Piazza San Pietro era diventata un campo di profughi dove erano confluiti i meno attrezzati alla sopravvivenza, le chiese erano prese d'assalto. Non era rimasto che affidarsi all'Altissimo.
La pandemia zombie è l'escamotage letterario impiegato da Ventura per una riflessione sulla gestione dell'emergenza, rivelandosi quasi profetico su alcuni aspetti dell'attuale pandemia da coronavirus, dato che il libro è stato scritto nel 2013. Peraltro "Il terzo allegato" è il nome del documento con cui viene contrastata l'emergenza sanitaria del virus che trasforma in morti viventi.
La redazione di TerlizziViva ha intervistato l'autore ponendogli alcune domande sulle principali tematiche affrontate, così da stimolare la curiosità dei lettori su un talento nostrano.
Ventura, la copertina del libro è piuttosto evocativa: una graffetta insanguinata, quasi a voler sottolineare le oppressioni determinate dal potere. La tematica principale sottesa a tutte le pagine del romanzo è il primato della politica.
Ho scritto il romanzo nel 2013, anno in cui l'Italia non se la passava molto bene: provenivamo da una crisi economica devastante con un governo tecnico sfiduciato che faceva capo a Mario Monti e successivamente accantonato. Con le conseguenti elezioni, si era formato un nuovo assetto parlamentare con delle maggioranze più o meno definite.
Monti, quindi, era il punto di riferimento di allora: era un tecnico posto artatamente nell'arena politica che si era ritrovato in una situazione insostenibile sia per lui che per l'intero Paese.
Mi sono chiesto come avrebbe reagito il governo montiano uscente, delegato solo per l'ordinaria amministrazione, se fosse incorso in una tragedia immane: ho pensato che lo stress test potesse essere rappresentato da un'epidemia.
Gli zombie sono un pretesto letterario, ma non rappresentano il fulcro del romanzo: il vero protagonista è lo stato di emergenza. Più precisamente, il governo dell'emergenza viene attuato in una maniera che bypassa il potere esecutivo, per via di politici inadeguati e non competenti: non in grado, cioè, di gestire la situazione sanitaria, poiché il loro ruolo atteneva a superare la crisi economica.
Ho acuito, inoltre, i discorsi concernenti l'anti-politica: chiunque pretendeva di amministrare la cosa pubblica senza una particolare attitudine, se non quella di un'investitura da parte di burattinai che non volevano sporcarsi le mani.
Tirando le somme, il primato della politica per me è proprio questo: assumere soggetti qualificati che sappiano cosa stanno facendo grazie a un bagaglio di studio e conoscenze. Il rischio, altrimenti, è lasciarsi andare alla deriva tanto da allontanarsi dalla politica.
L'antipolitica, dunque, deriva da ciò: relegare alla non professionalità proprio il settore da cui promana qualsiasi attività umana.
La distopia è il genere letterario contrapposto all'utopia, prefigurata come l'appartenenza a un'ipotetica società caratterizzata da espressioni sociali o politiche opprimenti. Cosa l'ha spinta a prediligere questo filone?
Ritengo che la distopia sia una forma di creazione. Il libro è paradossale, cinico: è una forma catartica di distruzione. Non ha una finalità istruttiva, non cercando di insegnare niente a nessuno; al contrario, vuole tentare di rimettere a posto le cose, introducendo delle tragedie controllate, che sono tali perché su carta.
Questo tipo di esperimento di scrittura rappresenta anche una forma di autoanalisi con cui veicolare certe situazioni, tensioni, passioni.
Nelle pagine, inoltre, ho impiegato un duplice stile: da un lato, quello formale e ufficiale dei documenti istituzionali; dall'altro, una forma gergale. Ne è venuto fuori un prodotto complesso, a tratti irriverente e tragi-comico, ironico e pungente.
Nel romanzo si fa riferimento allo "stato di eccezione" con riguardo alla teoria del filosofo e politologo tedesco Carl Schmitt, secondo cui il potere del Governo è il luogo della decisione pura, con sospensione delle garanzie costituzionali. Invece, ultimamente, si è affacciata un'altra tesi, quella per cui in Italia vige uno "stato permanente di diritto" secondo il quale diritti e libertà non possono essere annientati, ma solo temporaneamente compressi in seguito a un procedimento di bilanciamento.
Ho indotto gli attori del romanzo a creare uno stato di emergenza per conseguire il risultato: salvare la specie umana, tant'è che l'Italia registra il maggior numero di sopravvissuti, due milioni a fronte di duecentotrenta milioni in tutto il mondo.
Cito lo "stato di eccezione" di Carl Schmitt, la corrente di pensiero più accreditata nei mesi in cui ho scritto il libro.
Ho ipotizzato che con l'attribuzione del potere in circostanze emergenziali alla Protezione Civile, il Commissario straordinario fosse la figura che potesse incarnare al meglio quella di risolutore delle problematiche. Le ordinanze emesse, usate come strumento prediletto anche in tempi di Covid, però rimanevano ineseguite; cosicché tutto era rimesso al carisma dei singoli governatori regionali.
Ne è derivato che le Regioni hanno agito in maniera diversa l'una dall'altra, in virtù delle loro peculiarità e dei loro specifici interessi con la conseguenza che, talvolta, non hanno avuto il coraggio di imporsi. L'Italia, quindi, non è potuta intervenire subito su determinate questioni per l'impossibilità di una classe dirigente che non aveva il Paese in mano.
Per non parlare poi del fatto che le modalità di informazione sulla pandemia zombie erano rimandate a romanzi di fantascienza, talk show e blog: allo stesso modo, in questi ultimi due anni di coronavirus, sono pullulate le fake news. È, pertanto, maturata la necessità di affidarsi solo a quotidiani giornalistici professionali che sappiano scremare l'entità delle fonti.
Da ultimo, ha fatto una strizzata d'occhio alla Chiesa cattolica, mettendo in salvo il Papa insieme a quello che rimaneva dei politici italiani.
Il Papa è una figura che contribuisce a creare un minimo di empatia nel lettore. La fede, quando tutto sembra perso, è un modo per commentare il senso di disorientamento. Il Governo del romanzo reputa importante salvare la massima autorità della chiesa cattolica quasi per rimettersi nelle mani del Signore.
Tra l'altro, diverse le citazioni bibliche: il primo capitolo, infatti, l'ho intitolato "Genesi di un'apocalisse", proprio per sottolineare l'inizio della fine; ho anche dedicato una sezione al mito dei "dieci giusti di Sodoma".
Ho immaginato pure che per la seconda volta Roma fosse dichiarata "città aperta": Piazza San Pietro era diventata un campo di profughi dove erano confluiti i meno attrezzati alla sopravvivenza, le chiese erano prese d'assalto. Non era rimasto che affidarsi all'Altissimo.