Nel trentennale della scomprsa dell'architetto Michele Gargano
Il ricordo di Vito Berardi, cultore di storia locale
martedì 25 novembre 2025
«Ricordando un eminente intellettuale e concittadino verace
l'Architetto Michele Gargano(1917/1995)
Sento il dovere nel trentennale della scomparsa dell'architetto Michele Gargano, con la
pubblicazione del presente contributo, di ricordare, per non dimenticare, non solo colui che ha
ridato alla città il simbolo della nostra "terlizzesità", il Carro Trionfale, ma anche il professionista, il
poeta, il saggista, lo scultore, il pittore, l'urbanista e soprattutto l'uomo Michele Gargano. Un
giusto tributo di riconoscenza verso un amico con il quale ho avuto l'onore di trascorrere momenti
di vera amicizia, durante i quali ho potuto conoscere ed apprezzare la sua forte e poliedrica
personalità temprata da esaltanti esperienze di vita. Chiudo questa premessa con il desiderio e la
speranza che lo scempio di via Pietro D'Ercole che deturpa e dissacra la sua memoria venga al più
presto eliminato.
Dal bel belvedere della casa paterna di vico Piagnoni, già strada Neviera(neviera ubicata
nell'ipogeo dell'attigua palazziata Lamparelli/Guastamacchia),oggi via Pietro D'Ercole, dove nasce
il 30 gennaio del 1917, Michele Gargano sin dalla tenera età rimane attratto e pieno di meraviglia
nell'ammirare l'ondeggiante croce raggiata del Carro che ogni anno si stagliava nell'azzurro del
cielo primaverile, quasi accarezzando i tetti e le terrazze delle ottocentesche palazziate signorili e
delle rustiche case dei piccoli proprietari e braccianti del nuovo stradone della Stella, messo a nuovo
dopo i lavori di sistemazione della "Porta Nuova o Porta della Stella". Il solenne rito processionale
del Carro, quasi meravigliosa apparizione, che per tutta la prima metà del Novecento trovava il suo
epilogo nella prima domenica di maggio, aveva provocato nel fanciullo il forte desiderio di
conoscere nell'intimo questo organismo vivo, questa creatura che come araba fenice rinasceva ogni
anno mostrandosi in tutta la sua perfezione, grandezza, bellezza e solennità. La forte devozione per
la Vergine soveretana che si respirava in casa, incrementata dalla mamma Maria e dallo zio prete
don Ciccillo Gargano docente di latino e greco, il forte desiderio di scoprire i meccanismi di questa
macchina vivente che richiama il mitico carro rurale del racconto popolare, trainato da una coppia
di buoi aratori e allestito da bitontini e terlizzesi che si affidarono al Giudizio di Dio per risolvere il
controverso possesso della sacra icona ritrovata nel bosco del Sovero all'alba dell'XI sec., non
potevano lasciare indifferente un bambino, figlio di un piccolo proprietario terriero e di una
semplice casalinga, che sin dalla prima infanzia viene conquistato da più amori: la poesia, la pittura,
la scultura. Il desiderio di conoscenza della macchina da festa gli viene trasmesso da nonno
Domenico che nelle serate d'inverno, accanto al grande focolare domestico, gli parla del carro che
sin dalla metà del XVIII sec. non era altro che una semplice carretta con gradinata e piano nobile
dove veniva inserita la sacra icona. Non trascura di parlargli anche di Michele de Napoli che da
sindaco ha voluto e da artista ha ideato insieme allo scenografo foggiano Raffaele Affaitati nel 1868
l'archetipo iniziale di raffinata eleganza architettonica che rimarrà tale fino ai giorni nostri. Ma
prima di arrivare a conoscere in tutti i particolari la creatura che lo ha ammaliato, Michelino, come
viene chiamato in casa, colpito dal suo fascino si cimenta con i primi rudimenti dell'arte del disegno
per poter realizzare il sogno che ha in mente. In seconda elementare riceve dall'insegnante Michele
Rossiello l'incarico di disegnare i cartelloni di tutte le classi, conoscendo l'abilità del ragazzo nel
creare linee, forme, immagini. Ma chi scopre i segni premonitori di un artista in erba è don Donato
Grieco, direttore dal 1925 al 1955 della scuola serale per maestranze, ubicata in origine nelle
antiche stanze del Convento degli Osservanti poi Seminario e successivamente nei pianterreni di
casa de Napoli, che gli permette di frequentare l'aula di disegno che diventa la sua seconda casa ove
apprende le nozioni fondamentali dell'arte. La matita diventa lo strumento che gli consentirà di dare
vita ai suoi progetti presenti e futuri. Rivestirà di particolare interesse nel tempo la sua opera grafica
a punta di penna sparsa nelle sue pubblicazioni e in quelle di altri autori. Arriva il momento di
mettere in pratica la sua preparazione e realizzare il sogno tanto accarezzato e fortemente voluto: il
Carro della Vergine di Sovereto. Disegna i particolari che gli servono per poter dare al manufatto, in
fase di montaggio, la forma definitiva. Al ragazzo nulla sfugge, scruta e analizza nei minimi
particolari tutte le componenti artistiche e tecniche. Nella costruzione come attrezzo da lavoro si
serve di un rudimentale coltellino da lavoro, come materiale utilizza pezzi di legno e cartone
recuperati in cantina che il padre Giuseppe conservava perché diceva che tutto può servire al
momento opportuno, come spazio ove costruirlo il grande e confortevole ballatoio di casa. Il
modellino del Carro è pronto nell'anno scolastico 1928-1929. Michelino aveva dodici anni,
frequentava la quinta elementare. L'opera in legno si presenta alto 73 cm., in scala ridotta, con
decorazioni e pitture realizzate con accuratezza che rivelano l'artista in erba e con i caratteristici
cinque livelli o piani: il primo livello posizionato fra la quota stradale detto del Traino; il secondo
della Carretta o Carpento; il terzo del Trono della Vergine; il quarto della Lanterna e dei Teleri
ovali; il quinto della Cupola terminante nella Croce raggiata. Il modellino in miniatura riporta nella
parte retrostante la data di esecuzione e l'autore :"Terlizzi 1929 Carro Trionfale fatto da Michele
Gargano". In uno degli ovoli che decorano le fiancate del carpento viene raffigurato il fascio littorio
su sfondo tricolore. Il Fascismo è da poco al potere, influenzando con la sua propaganda anche i
ragazzi che vengono inquadrati nell'Opera Nazionale Balilla. Sicuramente anche Michelino in
classe riceve i primi rudimenti di cultura fascista che esterna anche nella pittura. Il sogno del
ragazzo è diventato realtà, la gioia traspare dal suo volto e orgoglioso della sua creatura, annoterà da
grande, con afflato poetico, le proprie sensazioni, emozioni nel vederla realizzata: "Anch'io…affetto
dall'ancestrale fascino del "Carro" che in me itera il suo "infinito atto di esistenza", conservo un
modellino di legno e di cartone, costruito con le mie mani in età acerba… L'ingenuo modellino mi
ricorda… la prima consapevole esperienza da me fatta da fanciullo nello scoprire dall'altana
paterna, la croce raggiata del nostro "Carro" trascorrere come una apparizione fatata, sulle case
del mio paese. La croce d'oro in cima al "Carro" in cammino, avanzava con dolce lentezza, quasi
tremando nell'aria, mentre dal cielo sconfinato sul profilo della città, le rondini scendevano
saettando a salutarla. Essa, a volte, spariva dietro i volumi più alti delle case, ma poi riappariva,
subito dopo, a riempirmi di stupore. E fu così che volli conoscere da vicino la meravigliosa
creatura, che recava nell'azzurro vespertino tanto portento"(V. Bernardi (a cura di), Il mio profilo
la mia città-Michele Gargano un Architetto Umanista, Molfetta 1999-pag.86). Per quanto si è detto,
questo manufatto , unico nel suo genere, può essere considerato nel suo piccolo per le caratteristiche
strutturali, architettoniche e decorative un'opera d'arte particolarmente preziosa. Nell'aprile del
2017 ebbi l'onore di recarmi a Roma presso la famiglia Gargano, su invito di Maria Gabriella figlia
dell'architetto, per riordinare la biblioteca e l'archivio del padre che trovai forniti di una grande
mole di pubblicazioni e documenti. Un patrimonio librario e documentario di inestimabile valore
che la famiglia Gargano ha donato alla Città, di cui una parte è presso la Civica Biblioteca in un
apposito fondo titolato "Architetto Michele Gargano", un'altra presso l'Associazione "Centro Studi
Architetto Michele Gargano" che nelle sue finalità si propone di valorizzare la figura e l'operato
dell'insigne concittadino. Sono certo che in futuro, la grande disponibilità di documentazione in
possesso delle due Istituzioni sarà messa a disposizione di studiosi al fine di permettere attività di
ricerca approfondita sull'opera del Nostro. Esaminare le sue carte, riordinare i suoi libri è stato per
me una fatica, ma una fatica entusiasmante che mi ha portato a conoscere nei minimi particolari
l'uomo, lo storico, il poeta, il pittore, l'artista, l'architetto. In quella occasione sollecitai la signora
Gabriella a prendere in considerazione l'opportunità di donare a Terlizzi anche il modellino che il
papà realizzò nel lontano 1929. Le figlie Maria Gabriella, Antonella e Anna Dora Gargano e la
famiglia tutta, condividendo il desiderio mio e di molti, decisero di farne omaggio alla città natale
che il loro genitore tanto amava e che chiamava "sua culla" e ove ora riposa. La donazione si
concretizzò in un pubblico incontro tenutosi nella sacrestia della Concattedrale il 30 gennaio 2018.
Con il suo carro realizzato" in età acerba" ritornava di nuovo in città un figlio della "diaspora
romana" che nel giorno della festa maggiore al passaggio del Carro la immaginava come un teatro
urbano ed affermava."…le quinte dei nastri edilizi delle strade e delle piazze sono al tempo stesso
invaso scenico e invaso teatrale, dove i piani viarii fanno da platea, le finestre e i balconi da
palchi, le terrazze e le altane belvedere da loggione…" (M. Gargano, Tradizione e Folklore in
Puglia: Terlizzi-Il Carro Trionfale della Madonna di Sovereto, Molfetta 1984-pag.71). Il modellino
racchiuso in una teca di vetro fa bella figura di sé nel Santuario della Madonna di Sovereto situato
nel braccio sinistro del transetto della Concattedrale. La festa del Carro ha sempre esercitato in tutte
le fasce della popolazione, specie nei ragazzi, interesse per il suo fascino e per il suo carattere
spettacolare. La forma e il contenuto simbolico della singolare macchina hanno influenzato la
fantasia di generazioni di adolescenti che sin dal primo Novecento e fino agli anni Sessanta dello
stesso secolo con l'aiuto, il più delle volte, dei grandi si sono cimentati nell'avventura di riprodurla.
Rappresentava quasi la volontà dei figli, sin dalla tenera età, di mantenere attraverso il tempo vive
una fede, una devozione e una tradizione vissute con autenticità e partecipazione. La consuetudine
di costruire il modellino del Carro era per i ragazzi anche l'occasione per consolidare i legami di
vicinato, rinsaldare amicizie, riscoprire quasi giocando le proprie radici culturali, la propria identità
religiosa. Alcuni antichi esemplari in miniatura, piccoli capolavori creati da mani innocenti, ancora
oggi vengono conservati gelosamente in collezioni private. La processione del Carro per le vie del
vicinato e del quartiere diventava per i ragazzi momento di gioia e felicità per essere riusciti come i
grandi a realizzare la creatura dei loro sogni e portarla in trionfo. Questa aria di vera religiosità e
gioia si respirava la seconda domenica di agosto durante la processione del modellino di proprietà
della famiglia Fioretti che, agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, si è tenuta a Sovereto
patrocinata dall'Ente Comune per alcune edizioni. Tutta l'organizzazione dell'evento, al quale
partecipava la Comunità del borgo, trovava nel cappellano del Santuario, il Canonico don Luigi
Urbano, il vero ideatore. La processione era animata dalla presenza dell'ovino del ritrovamento e
dei ragazzi-timonieri che vestivano il caratteristico costume tradizionale (copricapo di lana con il
pompon alla punta, calze bianche fino al ginocchio, brache di colore marrone strette in vita da una
fusciacca, camicia e camisola (gilè) di colore rosso),oltre di alcuni vigili per l'ordine pubblico e di
un gruppo di musicanti. Anche il Santuario soveretano conserva nel suo interno, e precisamente
nella cappella destra, una bellissima riproduzione artigianale del Carro in miniatura offerta alla
Commissione del 1976 dalla locale ditta Mastandrea Saverio. Infine c'è da dire che i nostri
emigranti per conservare il legame con la terra natia, con le proprie radici culturali, con la propria
identità religiosa facevano rivivere nelle nazioni di insediamento la devozione e il culto verso la
Madonna di Sovereto, realizzando tempietti lignei con la sacra icona e modellini del Carro. Molti
emigrati terlizzesi che agli inizi del Novecento si erano insediati con le loro famiglie nella Little
Italy di Brooklyn, un sobborgo di New York, fondano il 20 luglio del 1927 un Sodalizio di Mutuo
Soccorso sotto il titolo di "Maria SS. di Sovereto". Ogni anno il 23 aprile festeggiavano la
protettrice di Terlizzi con la processione del tempietto ligneo della Madonna appositamente
costruito da abili maestranze artigiane, e nel mese di giugno o luglio facevano percorrere lungo le
vie del sobborgo in festa una fedele riproduzione in scala ridotta del Carro. Il nostro Museo della
Civiltà Contadina "Damiano Paparella", ormai lasciato da anni nel completo abbandono e incuria,
conserva un grazioso modellino del carro degli emigranti. Da un po' di anni anche in città è stata
ripristinata la consuetudine di far girare verso la fine di luglio un modellino della macchina da festa
che richiamando l'attenzione e la partecipazione di piccoli e grandi, fa rivivere alla vigilia della
festa agostana momenti di semplice e profonda devozione e fede mariana. I modellini del carro
realizzati dal popolo dei semplici con spontaneità e disposizione d'animo rappresentano i valori veri
e profondi di una cultura e di una fede, sono l'espressione della genuina e pura interpretazione della
pietà popolare, sono segni indelebili della nostra tradizione folklorica. La visione fiabesca del Carro
che aveva affascinato e sedotto il piccolo Michelino, il desiderio di conoscere e costruire questo
organismo vivente, ritornerà nel suo animo e nella sua mente a farsi viva e presente dopo il
sacrilego atto del 22 agosto del 1991 che produsse in città sgomento e tristezza. C'è da dire che
Terlizzi negli anni Ottanta e Novanta del Novecento ha vissuto un periodo di conflittualità sociale e
politica che minacciava la convivenza civile, messa in evidenza anche dal Servo di Dio, don Tonino
Bello, il 6 agosto 1989 in Concattedrale durante il pontificale in onore della Patrona. Il Gargano
accettando la ricostruzione di quella visione perduta, simbolo di quella "terlizzesità" di cui si
sentiva membro integrante, si assunse l'onere e l'onore di riconsegnare alla sua città una memoria
di fede e di cultura risorta dalla ceneri come Araba Fenice e ritornata a vivere più meravigliosa di
prima in soli due mesi(13 giugno 1992/7 agosto 1992).Da ricordare che nel 1953 il Nostro fece
parte della Commissione voluta dal sindaco Antonio La Tegola che si propose di salvaguardare il
Carro, sin d'allora in precarie condizioni. I lavori iniziarono il 19 maggio 1992.L'Architetto si
trovava di fronte alla mancanza di ogni rilievo e misurazione degli elementi costitutivi e strutturali.
Ritrovata la divina proporzione delle parti, la perfezione geometrica, riporta la creatura violentata
alla primitiva identità, alla configurazione originale, dalla quale vengono eliminate"…le
superfetazioni(aggiunte, manomissioni, sia nell'ambito della struttura che della
decorazione)riscontrate tramite l'esame minuzioso dei singoli documenti fotografici di cui il
Comitato è venuto in possesso". Pertanto, un Carro diverso "…ma una diversità, afferma il
Gargano, solo in ordine al materiale impiegato, agli strumenti di assemblaggio e alla tecnica
costruttiva. All'eterogeneo materiale del passato, s'è sostituito il più funzionale legno lamellare che
ha consentito innanzitutto di adottare il materiale alla sagoma del manufatto piuttosto che il
contrario; ai quintali di deformanti e deformabili chiodi, oggi s'è affidato l'assemblaggio a dei
bulloni; infine alle misurazioni e rilevazioni empiriche, s'è potuto oggi rifarsi a un rilevamento
scientifico che ha prodotto un progetto vero e proprio con annesso progetto esecutivo predisposto
dall'ingegner Malerba"(AA. VV., Il Carro perduto_ ricostruito, Terlizzi 2016 -pag.36). Il 7 agosto
1992 la nuova struttura, tra gli applausi e le grida di gioia del popolo, lascia il cantiere dei fratelli
Tangari, in via Madonna delle Grazie, ove carpentieri, carradori, cartapestai, decoratori quasi tutti
terlizzesi hanno dato sfoggio delle loro nobili arti. Un anno dopo l'incendio "la macchina da festa",
simbolo della storia civile e religiosa di Terlizzi, è pronta e sfila per le vie del paese. Sono le 19:00
del 9 agosto 1992.Dopo la benedizione di don Tonino Bello, la processione del popolo numeroso e
commosso"(AA. VV., Il Carro perduto_ ricostruito, Terlizzi 2016-pag.36 ).La meravigliosa
creatura, miracolosamente tornata a vivere, si presenta con i tipici lineamenti neoclassici e con
apparati decorativi di gusto baroccheggiante. Per essa l'Architetto ha sofferto nel corpo e
nell'anima, non pretendendo alcun compenso. Con comunicazione epistolare dell'11 dicembre 1992
inviata al sindaco Mauro Maggialetti confermava questa sua intenzione: "La presente per ribadire
che, come da me sempre affermato verbalmente, ogni e qualsiasi contributo mio personale per la
riconfigurazione del carro della Madonna di Sovereto è da ritenersi da me offerto a titolo
assolutamente gratuito. Distinti saluti"( AA. VV., Il Carro perduto_ ricostruito, Terlizzi 2016-
pag.22).C'è da ricordare che la Relazione Tecnica illustrativa con il Progetto per la nuova macchina
da festa dell'arch. Gargano e la Relazione con il Progetto esecutivo dell'ing. Tommaso Malerba,
direttore dei lavori, furono consegnate agli Archivi Comunale e Diocesano per essere messe a
disposizione degli studiosi. Si spera che sì importante e preziosa documentazione sia custodita
gelosamente e non sparisca come, purtroppo, è successo altre volte per documenti similari. Parte di
detta documentazione sulla macchina processionale, insieme a un folto corredo di fotografie, di
studi, di tavole tecniche, trovò la sua visibilità nella mostra tenutasi in Pinacoteca de Napoli dal 3 al
27 agosto 2016, curata dal Comune di Terlizzi, dalla direzione della Pinacoteca e della Biblioteca e
dal Centro Studi Michele Gargano. Sarebbe necessario e opportuno che le Istituzioni e gli Enti
pubblici, le associazioni e i privati cittadini collaborassero affinché si realizzasse, attraverso
capillari iniziative di comunicazione, un sogno voluto e desiderato dal Nostro, cioè quello di vedere
il Carro e la sua festa inseriti nel circuito delle eccellenze italiane delle Macchine da festa
riconosciute dall'Unesco quale patrimonio culturale immateriale della Umanità. Nel trentennale
della dipartita dell'Architetto(22 dicembre 1995) che ricorre quest'anno, la Città deve ricordare un
sì grande figlio, rendere un doveroso e sentito omaggio di riconoscenza e di sentita ammirazione per
un intellettuale che si è speso toto corde per la promozione della cultura e di quella nostra in
particolare, dando in ogni contesto lustro alla propria patria di cui ha saputo interpretare i segreti
dell'anima con delicata e fine intuizione. La vita del Nostro è stata una esistenza all'insegna
dell'amore per la famiglia, per le cose semplici, per la poesia, la pittura, la scultura e l'architettura
che sin dalle elementari cresce e si rafforza col tempo. Non poteva mancare, sin dalla fanciullezza,
l'amore per il nonno Domenico dagli occhi azzurri e chioma candida che amava raccontargli il suo
passato, la venuta a Terlizzi della colonna garibaldina di Menotti e dell'imperatore di Germania e
Prussia Guglielmo II. In gioventù e in età adulta la vita dell'Architetto segue percorsi diversi,
affronta momenti difficili, incontra altri amori. Dopo la licenza elementare(1924-1929), frequenta
la Scuola Complementare di Avviamento Professionale "Pasquale Fiore"(1929-1932); consegue il
diploma di maturità artistica presso il Liceo Artistico di Napoli(1932-1938); si iscrive all'Università
di Roma-facoltà Architettura(1939-1940); a Roma frequenta la casa del martire ardeatino don
Pietro Pappagallo, ove conosce il prof. Gioacchino Gesmundo; chiamato alle armi(1941-1945)
partecipa alle operazioni di guerra in Sicilia; dopo l'armistizio(8 settembre 1943), ritorna a Terlizzi
a piedi il 12 marzo 1944; nell'ottobre del 1945 è collocato in congedo; dal 1945 al 1947 insegna
Tecnologia dei Materiali nella scuola per maestranze sita nel pianterreno del Palazzo de Napoli;
riprende nel 1947 gli studi universitari interrotti a causa della guerra, laureandosi nel 1955; inizia la
prestigiosa carriera a Roma, nel Lazio e nella Sicilia Occidentale, progettando e dirigendo numerosi
interventi di restauro conservativo; svolge intensa attività pubblicistica e conferenziale su ambienti,
monumenti e centri storici, sui lavori di restauro. Il Nostro non dimentica mai il suo paese. E'
intenso, profondo, radicato il suo amore per Terlizzi descritta in pochi versi riportati nel Piano
Regolatore Generale del 1957:" Due torri, due campanili, una cupola si levano sulle case di pietra;
una larga strada circonda la città vecchia; dal "Borgo" assolato arriva e parte una raggera di vie.
Nello spazio bianco e azzurro-in primavera- è un saettare di rondini. Sul giro dell'orizzonte,
dall'Adriatico alle Murge, un digradante verde piano svaria nelle stagioni dal rosa dei mandorli
all'oro delle viti all'argento degli ulivi. Questa è Terlizzi in Terra di Puglia". In seguito dirà: "Ho
portato questa città come una bandiera con orgoglio, con dignità….". Per essa progetta opere
pubbliche, regolarmente affidate dalle varie Amministrazioni, e di arte sacra più importanti del
dopoguerra, alcune realizzate, altre rimaste allo stato di progetto che voglio ricordare: il Progetto
del 1956, attuato, della scuola elementare "San Giovanni Bosco"; il primo Progetto di Piano
Regolatore Generale del Comune di Terlizzi del 1956-57, deliberato dalla Giunta del prof. Antonio
La Tegola il 21 marzo 1956, ma lasciato per dieci anni nel dimenticatoio e nei cassetti comunali e
privato anche dei relativi grafici. E' stato il primo progetto della città dopo quello di risanamento
degli ingg. Lamparelli e Roselli del 1886. Nella Relazione viene fuori la sua nuova visione della
città, rimarcando in primo luogo "l'importanza della creatura di pietra fatta così dalla fatica, dalla
speranza, dalla volontà di vita dei nostri padri. Anche per questo non va cambiata a cuor leggero.
Va, sì, migliorata nei suoi servizi, ma senza che perda il suo volto che la fa singola, unica, non
ripetibile e cosciente presenza di una storia che affonda nei secoli. Una storia di gioie, di dolori, di
disinganni con personaggi grandi e piccoli. Una storia di mille anni nella quale non ci è dato di
leggere avvenimenti clamorosi e nomi altisonanti…"; il Progetto di ampliamento e sistemazione del
Cimitero comunale(1957-81), portato a termine; il Progetto, realizzato, di costruzione del Piano
Attico del Palazzo di Città(1959); il Restauro, eseguito, della seicentesca chiesa cimiteriale di Santa
Maria delle Grazie(1962-65); il Progetto di rielaborazione del P.R.G. di Terlizzi del 1956(1969),
depositato in Comune e andato disperso; il Piano di Fabbricazione di Terlizzi(1971) affidato e non
messo in opera; il Progetto di ristrutturazione del presbiterio della Concattedrale a seguito della
riforma conciliare(1978),attuato; il Progetto di recupero paesistico della via Appia Traiana
approvato dalla Soprintendenza e lasciato nei cassetti comunali(1981-82-84). L'Architetto sognava
il recupero paesistico di questa consolare di cui però negli anni Ottanta del Novecento una buona
parte della stessa fu inglobata dai frontisti. Situazione che le varie amministrazioni hanno sempre
trascurato e sottovalutato; nel 1987 realizza il Progetto di altare e leggio in pietra nel presbiterio
della chiesa della Confraternita di San Ignazio, e fornisce consulenza nel restauro interno della
chiesa della Confraternita delle Sacre Stimmate di San Francesco; nel 1988 progetta l'arredo ligneo
nel presbiterio della parrocchia di Santa Maria la Nova; nel 1994 esegue il Progetto per il
rifacimento della bussala di ingresso della chiesa dell'Immacolata già Purgatorio; scrive sulla
stampa locale diversi articoli di storia terlizzese; non dimentica la sua passione poetica, la sua è una
poesia che spazia, che cerca di leggere sé stesso e la storia del suo tempo; appaiano su diverse
riviste numerosi suoi saggi riguardanti l'urbanistica, l'architettura; dà alle stampe pubblicazioni
impreziosite da magnifici disegni a punta di penna della città natale. Da ricordare: Tradizioni e
folklore in Puglia. Terlizzi: Il Carro Trionfale della Madonna di Sovereto; Terlizzi: Le Chiese, i
Conditori e il Cimitero di Santa Maria delle Grazie; Domenico De Vanna, un Maestro della pittura.
Le esperienze di vita hanno inciso profondamente sulla sua personalità ed hanno permeato la sua
attività potenziandola ed arricchendola. La profonda umanità, la ricchezza interiore, gli ideali che lo
animarono, l'impegno costante e tenace furono le coordinate che lo portarono a raggiungere
importanti traguardi professionali ed artistici. Alle ore cinque del mattino del 22 dicembre 1995
veniva a mancare nella sua casa romana sì grande e nobile figlio di una terra che ha tanto amato ma
che a volte gli è stata matrigna: "Lontano io sono per meglio amarti, mia terra. Ma tu sai che ogni
ritorno è gioia alla madre in attesa fidente nell'amore del figlio, che un giorno dormirà nel suo
grembo" (Relazione generale del P.R.G. del 1956-57).
La Civica Amministrazione e il Comitato Festa Patronale nel lontano 1997 posero una lapide
commemorativa sulla facciata della casa natale dell'Architetto per ricordare alle future generazioni
un intellettuale con il candore del fanciullo capace di cogliere nel particolare come nel generale
armonia, equilibrio; la cui creatività, espressa in studi, progetti, opera grafica, poesie, dipinti, era
attenta ai mutamenti, aperta alle novità, amante della storia e delle storie municipali, consapevole
che il presente e il futuro si costruiscono tenendo ben evidente la multiforme vicenda umana del
passato. Dal 9 maggio 2023 questa testimonianza dissacrata versa in uno stato pietoso, annerita dal
fumo provocato dall'incendio di due macchine date alle fiamme, parcheggiate nelle vicinanze
dell'abitazione paterna del Nostro di via Pietro D'Ercole, e proprio accanto al muro ove è sistemata
la lapide. Son trascorsi ben due anni e nessuno fino ad oggi, pubblico o privato, si è preoccupato di
riportarla al suo splendore con un opportuno e tempestivo restauro. Fino a quando sfregiata e
dimenticata da tutti rimarrà in questo stato? Si perderà nel tempo consunta da acqua, gelo, vento e
dalla incuria e dalla indifferenza degli uomini ? Dimenticando un figlio che si è fatto onore e ha
dato onore alla propria città, la nostra Comunità sembra essere stata colta da amnesia.Sembra che
nel nostro paese siano ritornate la "damnatio memoriae" e la "libido delendi" , quel desiderio di
distruzione di personaggi e di testimonianze di cui la nostra Comunità si è resa responsabile molte
volte nel tempo. Orfana del passato, della propria memoria storica, delle proprie origini la Città non
potrà orientarsi verso il futuro e costruire il proprio destino. Questo appello rivolto alle Istituzioni
pubbliche e private non cada nel vuoto. Sono certo che le glorie, i monumenti, i fatti della nostra
terra sapranno ancora una volta suscitare e svegliare in tutti i terlizzesi un sano e giusto orgoglio
civico, antidoto alle ingiurie del tempo e degli uomini; che la memoria di una figura così complessa
e poliedrica di architetto umanista, autentico intellettuale "organico" e cultore del Bello "che ebbe
profondo il senso della storia come strumento di interpretazione del presente a cui era radicata la
sua identità di uomo universale e di cittadino romano della diaspora terlizzese"(Maria Gabriella
Gargano, per Michele Gargano architetto, Terlizzi 1996),continuerà a vivere in mezzo a noi con le
sue opere che abbiamo il sacrosanto dovere di conservare, difendere, conoscere e far conoscere; con
le sue scelte di vita, il suo coraggio, la sua gentilezza, la sua integrità, la sua etica del lavoro,
insomma con la sua profonda umanità e l'umiltà del suo nobile animo che hanno potuto constatare
di persona l'ing. Tommaso Malerba, che affiancò il Nostro nell'opera di ricostruzione del Carro, e i
suoi tanti amici ed estimatori: "L'umiltà del suo animo traspariva sempre nei rapporti con gli altri,
e chi gli stava vicino non si lasciava intimidire dalla genialità in quanto non era spavalda e
arrogante, non creava il vuoto intorno, anzi diventava forza aggregante…" ("Il Carro perduto-
ricostruito", Terlizzi 2016, p.32 ).L'auspicio è che la sua ultima opera, il Nuovo Carro, non diventi
nel giorno della festa solo "…una vetrina per amministratori, onorevoli, presidenti e gente in
carriera. Il trionfo è tutto loro, mentre la Beata Vergine, lassù, è un optional. Preghiere pochine,
mondanità tanta…" ("Il Carro Trionfale del 2000 di Francesca Sarcina", Terlizzi'87,luglio/agosto
1992), ma viva memoria religiosa e civica di cui la nostra Comunità ha l'obbligo di essere gelosa
custode. L'Architetto continuerà a vivere nel tempo e tra i suoi concittadini con la sua umanità e
con le sue opere che gli anni e la morte non scalfiranno e non cancelleranno. Pertanto, al Nostro si
può ben addire la frase di Orazio: "Non omnis moriar, multaque pars mei vitabit Libitinam" (non
morirò del tutto, e la più gran parte di me sfuggirà a Libitina (dea romana della sepoltura e dei riti
funebri) (Odi -III,30)».
Dr. Vito Bernardi –Studioso della storia di Terlizzi e della Puglia
Già Direttore della Biblioteca Comunale di Terlizzi
l'Architetto Michele Gargano(1917/1995)
Sento il dovere nel trentennale della scomparsa dell'architetto Michele Gargano, con la
pubblicazione del presente contributo, di ricordare, per non dimenticare, non solo colui che ha
ridato alla città il simbolo della nostra "terlizzesità", il Carro Trionfale, ma anche il professionista, il
poeta, il saggista, lo scultore, il pittore, l'urbanista e soprattutto l'uomo Michele Gargano. Un
giusto tributo di riconoscenza verso un amico con il quale ho avuto l'onore di trascorrere momenti
di vera amicizia, durante i quali ho potuto conoscere ed apprezzare la sua forte e poliedrica
personalità temprata da esaltanti esperienze di vita. Chiudo questa premessa con il desiderio e la
speranza che lo scempio di via Pietro D'Ercole che deturpa e dissacra la sua memoria venga al più
presto eliminato.
Dal bel belvedere della casa paterna di vico Piagnoni, già strada Neviera(neviera ubicata
nell'ipogeo dell'attigua palazziata Lamparelli/Guastamacchia),oggi via Pietro D'Ercole, dove nasce
il 30 gennaio del 1917, Michele Gargano sin dalla tenera età rimane attratto e pieno di meraviglia
nell'ammirare l'ondeggiante croce raggiata del Carro che ogni anno si stagliava nell'azzurro del
cielo primaverile, quasi accarezzando i tetti e le terrazze delle ottocentesche palazziate signorili e
delle rustiche case dei piccoli proprietari e braccianti del nuovo stradone della Stella, messo a nuovo
dopo i lavori di sistemazione della "Porta Nuova o Porta della Stella". Il solenne rito processionale
del Carro, quasi meravigliosa apparizione, che per tutta la prima metà del Novecento trovava il suo
epilogo nella prima domenica di maggio, aveva provocato nel fanciullo il forte desiderio di
conoscere nell'intimo questo organismo vivo, questa creatura che come araba fenice rinasceva ogni
anno mostrandosi in tutta la sua perfezione, grandezza, bellezza e solennità. La forte devozione per
la Vergine soveretana che si respirava in casa, incrementata dalla mamma Maria e dallo zio prete
don Ciccillo Gargano docente di latino e greco, il forte desiderio di scoprire i meccanismi di questa
macchina vivente che richiama il mitico carro rurale del racconto popolare, trainato da una coppia
di buoi aratori e allestito da bitontini e terlizzesi che si affidarono al Giudizio di Dio per risolvere il
controverso possesso della sacra icona ritrovata nel bosco del Sovero all'alba dell'XI sec., non
potevano lasciare indifferente un bambino, figlio di un piccolo proprietario terriero e di una
semplice casalinga, che sin dalla prima infanzia viene conquistato da più amori: la poesia, la pittura,
la scultura. Il desiderio di conoscenza della macchina da festa gli viene trasmesso da nonno
Domenico che nelle serate d'inverno, accanto al grande focolare domestico, gli parla del carro che
sin dalla metà del XVIII sec. non era altro che una semplice carretta con gradinata e piano nobile
dove veniva inserita la sacra icona. Non trascura di parlargli anche di Michele de Napoli che da
sindaco ha voluto e da artista ha ideato insieme allo scenografo foggiano Raffaele Affaitati nel 1868
l'archetipo iniziale di raffinata eleganza architettonica che rimarrà tale fino ai giorni nostri. Ma
prima di arrivare a conoscere in tutti i particolari la creatura che lo ha ammaliato, Michelino, come
viene chiamato in casa, colpito dal suo fascino si cimenta con i primi rudimenti dell'arte del disegno
per poter realizzare il sogno che ha in mente. In seconda elementare riceve dall'insegnante Michele
Rossiello l'incarico di disegnare i cartelloni di tutte le classi, conoscendo l'abilità del ragazzo nel
creare linee, forme, immagini. Ma chi scopre i segni premonitori di un artista in erba è don Donato
Grieco, direttore dal 1925 al 1955 della scuola serale per maestranze, ubicata in origine nelle
antiche stanze del Convento degli Osservanti poi Seminario e successivamente nei pianterreni di
casa de Napoli, che gli permette di frequentare l'aula di disegno che diventa la sua seconda casa ove
apprende le nozioni fondamentali dell'arte. La matita diventa lo strumento che gli consentirà di dare
vita ai suoi progetti presenti e futuri. Rivestirà di particolare interesse nel tempo la sua opera grafica
a punta di penna sparsa nelle sue pubblicazioni e in quelle di altri autori. Arriva il momento di
mettere in pratica la sua preparazione e realizzare il sogno tanto accarezzato e fortemente voluto: il
Carro della Vergine di Sovereto. Disegna i particolari che gli servono per poter dare al manufatto, in
fase di montaggio, la forma definitiva. Al ragazzo nulla sfugge, scruta e analizza nei minimi
particolari tutte le componenti artistiche e tecniche. Nella costruzione come attrezzo da lavoro si
serve di un rudimentale coltellino da lavoro, come materiale utilizza pezzi di legno e cartone
recuperati in cantina che il padre Giuseppe conservava perché diceva che tutto può servire al
momento opportuno, come spazio ove costruirlo il grande e confortevole ballatoio di casa. Il
modellino del Carro è pronto nell'anno scolastico 1928-1929. Michelino aveva dodici anni,
frequentava la quinta elementare. L'opera in legno si presenta alto 73 cm., in scala ridotta, con
decorazioni e pitture realizzate con accuratezza che rivelano l'artista in erba e con i caratteristici
cinque livelli o piani: il primo livello posizionato fra la quota stradale detto del Traino; il secondo
della Carretta o Carpento; il terzo del Trono della Vergine; il quarto della Lanterna e dei Teleri
ovali; il quinto della Cupola terminante nella Croce raggiata. Il modellino in miniatura riporta nella
parte retrostante la data di esecuzione e l'autore :"Terlizzi 1929 Carro Trionfale fatto da Michele
Gargano". In uno degli ovoli che decorano le fiancate del carpento viene raffigurato il fascio littorio
su sfondo tricolore. Il Fascismo è da poco al potere, influenzando con la sua propaganda anche i
ragazzi che vengono inquadrati nell'Opera Nazionale Balilla. Sicuramente anche Michelino in
classe riceve i primi rudimenti di cultura fascista che esterna anche nella pittura. Il sogno del
ragazzo è diventato realtà, la gioia traspare dal suo volto e orgoglioso della sua creatura, annoterà da
grande, con afflato poetico, le proprie sensazioni, emozioni nel vederla realizzata: "Anch'io…affetto
dall'ancestrale fascino del "Carro" che in me itera il suo "infinito atto di esistenza", conservo un
modellino di legno e di cartone, costruito con le mie mani in età acerba… L'ingenuo modellino mi
ricorda… la prima consapevole esperienza da me fatta da fanciullo nello scoprire dall'altana
paterna, la croce raggiata del nostro "Carro" trascorrere come una apparizione fatata, sulle case
del mio paese. La croce d'oro in cima al "Carro" in cammino, avanzava con dolce lentezza, quasi
tremando nell'aria, mentre dal cielo sconfinato sul profilo della città, le rondini scendevano
saettando a salutarla. Essa, a volte, spariva dietro i volumi più alti delle case, ma poi riappariva,
subito dopo, a riempirmi di stupore. E fu così che volli conoscere da vicino la meravigliosa
creatura, che recava nell'azzurro vespertino tanto portento"(V. Bernardi (a cura di), Il mio profilo
la mia città-Michele Gargano un Architetto Umanista, Molfetta 1999-pag.86). Per quanto si è detto,
questo manufatto , unico nel suo genere, può essere considerato nel suo piccolo per le caratteristiche
strutturali, architettoniche e decorative un'opera d'arte particolarmente preziosa. Nell'aprile del
2017 ebbi l'onore di recarmi a Roma presso la famiglia Gargano, su invito di Maria Gabriella figlia
dell'architetto, per riordinare la biblioteca e l'archivio del padre che trovai forniti di una grande
mole di pubblicazioni e documenti. Un patrimonio librario e documentario di inestimabile valore
che la famiglia Gargano ha donato alla Città, di cui una parte è presso la Civica Biblioteca in un
apposito fondo titolato "Architetto Michele Gargano", un'altra presso l'Associazione "Centro Studi
Architetto Michele Gargano" che nelle sue finalità si propone di valorizzare la figura e l'operato
dell'insigne concittadino. Sono certo che in futuro, la grande disponibilità di documentazione in
possesso delle due Istituzioni sarà messa a disposizione di studiosi al fine di permettere attività di
ricerca approfondita sull'opera del Nostro. Esaminare le sue carte, riordinare i suoi libri è stato per
me una fatica, ma una fatica entusiasmante che mi ha portato a conoscere nei minimi particolari
l'uomo, lo storico, il poeta, il pittore, l'artista, l'architetto. In quella occasione sollecitai la signora
Gabriella a prendere in considerazione l'opportunità di donare a Terlizzi anche il modellino che il
papà realizzò nel lontano 1929. Le figlie Maria Gabriella, Antonella e Anna Dora Gargano e la
famiglia tutta, condividendo il desiderio mio e di molti, decisero di farne omaggio alla città natale
che il loro genitore tanto amava e che chiamava "sua culla" e ove ora riposa. La donazione si
concretizzò in un pubblico incontro tenutosi nella sacrestia della Concattedrale il 30 gennaio 2018.
Con il suo carro realizzato" in età acerba" ritornava di nuovo in città un figlio della "diaspora
romana" che nel giorno della festa maggiore al passaggio del Carro la immaginava come un teatro
urbano ed affermava."…le quinte dei nastri edilizi delle strade e delle piazze sono al tempo stesso
invaso scenico e invaso teatrale, dove i piani viarii fanno da platea, le finestre e i balconi da
palchi, le terrazze e le altane belvedere da loggione…" (M. Gargano, Tradizione e Folklore in
Puglia: Terlizzi-Il Carro Trionfale della Madonna di Sovereto, Molfetta 1984-pag.71). Il modellino
racchiuso in una teca di vetro fa bella figura di sé nel Santuario della Madonna di Sovereto situato
nel braccio sinistro del transetto della Concattedrale. La festa del Carro ha sempre esercitato in tutte
le fasce della popolazione, specie nei ragazzi, interesse per il suo fascino e per il suo carattere
spettacolare. La forma e il contenuto simbolico della singolare macchina hanno influenzato la
fantasia di generazioni di adolescenti che sin dal primo Novecento e fino agli anni Sessanta dello
stesso secolo con l'aiuto, il più delle volte, dei grandi si sono cimentati nell'avventura di riprodurla.
Rappresentava quasi la volontà dei figli, sin dalla tenera età, di mantenere attraverso il tempo vive
una fede, una devozione e una tradizione vissute con autenticità e partecipazione. La consuetudine
di costruire il modellino del Carro era per i ragazzi anche l'occasione per consolidare i legami di
vicinato, rinsaldare amicizie, riscoprire quasi giocando le proprie radici culturali, la propria identità
religiosa. Alcuni antichi esemplari in miniatura, piccoli capolavori creati da mani innocenti, ancora
oggi vengono conservati gelosamente in collezioni private. La processione del Carro per le vie del
vicinato e del quartiere diventava per i ragazzi momento di gioia e felicità per essere riusciti come i
grandi a realizzare la creatura dei loro sogni e portarla in trionfo. Questa aria di vera religiosità e
gioia si respirava la seconda domenica di agosto durante la processione del modellino di proprietà
della famiglia Fioretti che, agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, si è tenuta a Sovereto
patrocinata dall'Ente Comune per alcune edizioni. Tutta l'organizzazione dell'evento, al quale
partecipava la Comunità del borgo, trovava nel cappellano del Santuario, il Canonico don Luigi
Urbano, il vero ideatore. La processione era animata dalla presenza dell'ovino del ritrovamento e
dei ragazzi-timonieri che vestivano il caratteristico costume tradizionale (copricapo di lana con il
pompon alla punta, calze bianche fino al ginocchio, brache di colore marrone strette in vita da una
fusciacca, camicia e camisola (gilè) di colore rosso),oltre di alcuni vigili per l'ordine pubblico e di
un gruppo di musicanti. Anche il Santuario soveretano conserva nel suo interno, e precisamente
nella cappella destra, una bellissima riproduzione artigianale del Carro in miniatura offerta alla
Commissione del 1976 dalla locale ditta Mastandrea Saverio. Infine c'è da dire che i nostri
emigranti per conservare il legame con la terra natia, con le proprie radici culturali, con la propria
identità religiosa facevano rivivere nelle nazioni di insediamento la devozione e il culto verso la
Madonna di Sovereto, realizzando tempietti lignei con la sacra icona e modellini del Carro. Molti
emigrati terlizzesi che agli inizi del Novecento si erano insediati con le loro famiglie nella Little
Italy di Brooklyn, un sobborgo di New York, fondano il 20 luglio del 1927 un Sodalizio di Mutuo
Soccorso sotto il titolo di "Maria SS. di Sovereto". Ogni anno il 23 aprile festeggiavano la
protettrice di Terlizzi con la processione del tempietto ligneo della Madonna appositamente
costruito da abili maestranze artigiane, e nel mese di giugno o luglio facevano percorrere lungo le
vie del sobborgo in festa una fedele riproduzione in scala ridotta del Carro. Il nostro Museo della
Civiltà Contadina "Damiano Paparella", ormai lasciato da anni nel completo abbandono e incuria,
conserva un grazioso modellino del carro degli emigranti. Da un po' di anni anche in città è stata
ripristinata la consuetudine di far girare verso la fine di luglio un modellino della macchina da festa
che richiamando l'attenzione e la partecipazione di piccoli e grandi, fa rivivere alla vigilia della
festa agostana momenti di semplice e profonda devozione e fede mariana. I modellini del carro
realizzati dal popolo dei semplici con spontaneità e disposizione d'animo rappresentano i valori veri
e profondi di una cultura e di una fede, sono l'espressione della genuina e pura interpretazione della
pietà popolare, sono segni indelebili della nostra tradizione folklorica. La visione fiabesca del Carro
che aveva affascinato e sedotto il piccolo Michelino, il desiderio di conoscere e costruire questo
organismo vivente, ritornerà nel suo animo e nella sua mente a farsi viva e presente dopo il
sacrilego atto del 22 agosto del 1991 che produsse in città sgomento e tristezza. C'è da dire che
Terlizzi negli anni Ottanta e Novanta del Novecento ha vissuto un periodo di conflittualità sociale e
politica che minacciava la convivenza civile, messa in evidenza anche dal Servo di Dio, don Tonino
Bello, il 6 agosto 1989 in Concattedrale durante il pontificale in onore della Patrona. Il Gargano
accettando la ricostruzione di quella visione perduta, simbolo di quella "terlizzesità" di cui si
sentiva membro integrante, si assunse l'onere e l'onore di riconsegnare alla sua città una memoria
di fede e di cultura risorta dalla ceneri come Araba Fenice e ritornata a vivere più meravigliosa di
prima in soli due mesi(13 giugno 1992/7 agosto 1992).Da ricordare che nel 1953 il Nostro fece
parte della Commissione voluta dal sindaco Antonio La Tegola che si propose di salvaguardare il
Carro, sin d'allora in precarie condizioni. I lavori iniziarono il 19 maggio 1992.L'Architetto si
trovava di fronte alla mancanza di ogni rilievo e misurazione degli elementi costitutivi e strutturali.
Ritrovata la divina proporzione delle parti, la perfezione geometrica, riporta la creatura violentata
alla primitiva identità, alla configurazione originale, dalla quale vengono eliminate"…le
superfetazioni(aggiunte, manomissioni, sia nell'ambito della struttura che della
decorazione)riscontrate tramite l'esame minuzioso dei singoli documenti fotografici di cui il
Comitato è venuto in possesso". Pertanto, un Carro diverso "…ma una diversità, afferma il
Gargano, solo in ordine al materiale impiegato, agli strumenti di assemblaggio e alla tecnica
costruttiva. All'eterogeneo materiale del passato, s'è sostituito il più funzionale legno lamellare che
ha consentito innanzitutto di adottare il materiale alla sagoma del manufatto piuttosto che il
contrario; ai quintali di deformanti e deformabili chiodi, oggi s'è affidato l'assemblaggio a dei
bulloni; infine alle misurazioni e rilevazioni empiriche, s'è potuto oggi rifarsi a un rilevamento
scientifico che ha prodotto un progetto vero e proprio con annesso progetto esecutivo predisposto
dall'ingegner Malerba"(AA. VV., Il Carro perduto_ ricostruito, Terlizzi 2016 -pag.36). Il 7 agosto
1992 la nuova struttura, tra gli applausi e le grida di gioia del popolo, lascia il cantiere dei fratelli
Tangari, in via Madonna delle Grazie, ove carpentieri, carradori, cartapestai, decoratori quasi tutti
terlizzesi hanno dato sfoggio delle loro nobili arti. Un anno dopo l'incendio "la macchina da festa",
simbolo della storia civile e religiosa di Terlizzi, è pronta e sfila per le vie del paese. Sono le 19:00
del 9 agosto 1992.Dopo la benedizione di don Tonino Bello, la processione del popolo numeroso e
commosso"(AA. VV., Il Carro perduto_ ricostruito, Terlizzi 2016-pag.36 ).La meravigliosa
creatura, miracolosamente tornata a vivere, si presenta con i tipici lineamenti neoclassici e con
apparati decorativi di gusto baroccheggiante. Per essa l'Architetto ha sofferto nel corpo e
nell'anima, non pretendendo alcun compenso. Con comunicazione epistolare dell'11 dicembre 1992
inviata al sindaco Mauro Maggialetti confermava questa sua intenzione: "La presente per ribadire
che, come da me sempre affermato verbalmente, ogni e qualsiasi contributo mio personale per la
riconfigurazione del carro della Madonna di Sovereto è da ritenersi da me offerto a titolo
assolutamente gratuito. Distinti saluti"( AA. VV., Il Carro perduto_ ricostruito, Terlizzi 2016-
pag.22).C'è da ricordare che la Relazione Tecnica illustrativa con il Progetto per la nuova macchina
da festa dell'arch. Gargano e la Relazione con il Progetto esecutivo dell'ing. Tommaso Malerba,
direttore dei lavori, furono consegnate agli Archivi Comunale e Diocesano per essere messe a
disposizione degli studiosi. Si spera che sì importante e preziosa documentazione sia custodita
gelosamente e non sparisca come, purtroppo, è successo altre volte per documenti similari. Parte di
detta documentazione sulla macchina processionale, insieme a un folto corredo di fotografie, di
studi, di tavole tecniche, trovò la sua visibilità nella mostra tenutasi in Pinacoteca de Napoli dal 3 al
27 agosto 2016, curata dal Comune di Terlizzi, dalla direzione della Pinacoteca e della Biblioteca e
dal Centro Studi Michele Gargano. Sarebbe necessario e opportuno che le Istituzioni e gli Enti
pubblici, le associazioni e i privati cittadini collaborassero affinché si realizzasse, attraverso
capillari iniziative di comunicazione, un sogno voluto e desiderato dal Nostro, cioè quello di vedere
il Carro e la sua festa inseriti nel circuito delle eccellenze italiane delle Macchine da festa
riconosciute dall'Unesco quale patrimonio culturale immateriale della Umanità. Nel trentennale
della dipartita dell'Architetto(22 dicembre 1995) che ricorre quest'anno, la Città deve ricordare un
sì grande figlio, rendere un doveroso e sentito omaggio di riconoscenza e di sentita ammirazione per
un intellettuale che si è speso toto corde per la promozione della cultura e di quella nostra in
particolare, dando in ogni contesto lustro alla propria patria di cui ha saputo interpretare i segreti
dell'anima con delicata e fine intuizione. La vita del Nostro è stata una esistenza all'insegna
dell'amore per la famiglia, per le cose semplici, per la poesia, la pittura, la scultura e l'architettura
che sin dalle elementari cresce e si rafforza col tempo. Non poteva mancare, sin dalla fanciullezza,
l'amore per il nonno Domenico dagli occhi azzurri e chioma candida che amava raccontargli il suo
passato, la venuta a Terlizzi della colonna garibaldina di Menotti e dell'imperatore di Germania e
Prussia Guglielmo II. In gioventù e in età adulta la vita dell'Architetto segue percorsi diversi,
affronta momenti difficili, incontra altri amori. Dopo la licenza elementare(1924-1929), frequenta
la Scuola Complementare di Avviamento Professionale "Pasquale Fiore"(1929-1932); consegue il
diploma di maturità artistica presso il Liceo Artistico di Napoli(1932-1938); si iscrive all'Università
di Roma-facoltà Architettura(1939-1940); a Roma frequenta la casa del martire ardeatino don
Pietro Pappagallo, ove conosce il prof. Gioacchino Gesmundo; chiamato alle armi(1941-1945)
partecipa alle operazioni di guerra in Sicilia; dopo l'armistizio(8 settembre 1943), ritorna a Terlizzi
a piedi il 12 marzo 1944; nell'ottobre del 1945 è collocato in congedo; dal 1945 al 1947 insegna
Tecnologia dei Materiali nella scuola per maestranze sita nel pianterreno del Palazzo de Napoli;
riprende nel 1947 gli studi universitari interrotti a causa della guerra, laureandosi nel 1955; inizia la
prestigiosa carriera a Roma, nel Lazio e nella Sicilia Occidentale, progettando e dirigendo numerosi
interventi di restauro conservativo; svolge intensa attività pubblicistica e conferenziale su ambienti,
monumenti e centri storici, sui lavori di restauro. Il Nostro non dimentica mai il suo paese. E'
intenso, profondo, radicato il suo amore per Terlizzi descritta in pochi versi riportati nel Piano
Regolatore Generale del 1957:" Due torri, due campanili, una cupola si levano sulle case di pietra;
una larga strada circonda la città vecchia; dal "Borgo" assolato arriva e parte una raggera di vie.
Nello spazio bianco e azzurro-in primavera- è un saettare di rondini. Sul giro dell'orizzonte,
dall'Adriatico alle Murge, un digradante verde piano svaria nelle stagioni dal rosa dei mandorli
all'oro delle viti all'argento degli ulivi. Questa è Terlizzi in Terra di Puglia". In seguito dirà: "Ho
portato questa città come una bandiera con orgoglio, con dignità….". Per essa progetta opere
pubbliche, regolarmente affidate dalle varie Amministrazioni, e di arte sacra più importanti del
dopoguerra, alcune realizzate, altre rimaste allo stato di progetto che voglio ricordare: il Progetto
del 1956, attuato, della scuola elementare "San Giovanni Bosco"; il primo Progetto di Piano
Regolatore Generale del Comune di Terlizzi del 1956-57, deliberato dalla Giunta del prof. Antonio
La Tegola il 21 marzo 1956, ma lasciato per dieci anni nel dimenticatoio e nei cassetti comunali e
privato anche dei relativi grafici. E' stato il primo progetto della città dopo quello di risanamento
degli ingg. Lamparelli e Roselli del 1886. Nella Relazione viene fuori la sua nuova visione della
città, rimarcando in primo luogo "l'importanza della creatura di pietra fatta così dalla fatica, dalla
speranza, dalla volontà di vita dei nostri padri. Anche per questo non va cambiata a cuor leggero.
Va, sì, migliorata nei suoi servizi, ma senza che perda il suo volto che la fa singola, unica, non
ripetibile e cosciente presenza di una storia che affonda nei secoli. Una storia di gioie, di dolori, di
disinganni con personaggi grandi e piccoli. Una storia di mille anni nella quale non ci è dato di
leggere avvenimenti clamorosi e nomi altisonanti…"; il Progetto di ampliamento e sistemazione del
Cimitero comunale(1957-81), portato a termine; il Progetto, realizzato, di costruzione del Piano
Attico del Palazzo di Città(1959); il Restauro, eseguito, della seicentesca chiesa cimiteriale di Santa
Maria delle Grazie(1962-65); il Progetto di rielaborazione del P.R.G. di Terlizzi del 1956(1969),
depositato in Comune e andato disperso; il Piano di Fabbricazione di Terlizzi(1971) affidato e non
messo in opera; il Progetto di ristrutturazione del presbiterio della Concattedrale a seguito della
riforma conciliare(1978),attuato; il Progetto di recupero paesistico della via Appia Traiana
approvato dalla Soprintendenza e lasciato nei cassetti comunali(1981-82-84). L'Architetto sognava
il recupero paesistico di questa consolare di cui però negli anni Ottanta del Novecento una buona
parte della stessa fu inglobata dai frontisti. Situazione che le varie amministrazioni hanno sempre
trascurato e sottovalutato; nel 1987 realizza il Progetto di altare e leggio in pietra nel presbiterio
della chiesa della Confraternita di San Ignazio, e fornisce consulenza nel restauro interno della
chiesa della Confraternita delle Sacre Stimmate di San Francesco; nel 1988 progetta l'arredo ligneo
nel presbiterio della parrocchia di Santa Maria la Nova; nel 1994 esegue il Progetto per il
rifacimento della bussala di ingresso della chiesa dell'Immacolata già Purgatorio; scrive sulla
stampa locale diversi articoli di storia terlizzese; non dimentica la sua passione poetica, la sua è una
poesia che spazia, che cerca di leggere sé stesso e la storia del suo tempo; appaiano su diverse
riviste numerosi suoi saggi riguardanti l'urbanistica, l'architettura; dà alle stampe pubblicazioni
impreziosite da magnifici disegni a punta di penna della città natale. Da ricordare: Tradizioni e
folklore in Puglia. Terlizzi: Il Carro Trionfale della Madonna di Sovereto; Terlizzi: Le Chiese, i
Conditori e il Cimitero di Santa Maria delle Grazie; Domenico De Vanna, un Maestro della pittura.
Le esperienze di vita hanno inciso profondamente sulla sua personalità ed hanno permeato la sua
attività potenziandola ed arricchendola. La profonda umanità, la ricchezza interiore, gli ideali che lo
animarono, l'impegno costante e tenace furono le coordinate che lo portarono a raggiungere
importanti traguardi professionali ed artistici. Alle ore cinque del mattino del 22 dicembre 1995
veniva a mancare nella sua casa romana sì grande e nobile figlio di una terra che ha tanto amato ma
che a volte gli è stata matrigna: "Lontano io sono per meglio amarti, mia terra. Ma tu sai che ogni
ritorno è gioia alla madre in attesa fidente nell'amore del figlio, che un giorno dormirà nel suo
grembo" (Relazione generale del P.R.G. del 1956-57).
La Civica Amministrazione e il Comitato Festa Patronale nel lontano 1997 posero una lapide
commemorativa sulla facciata della casa natale dell'Architetto per ricordare alle future generazioni
un intellettuale con il candore del fanciullo capace di cogliere nel particolare come nel generale
armonia, equilibrio; la cui creatività, espressa in studi, progetti, opera grafica, poesie, dipinti, era
attenta ai mutamenti, aperta alle novità, amante della storia e delle storie municipali, consapevole
che il presente e il futuro si costruiscono tenendo ben evidente la multiforme vicenda umana del
passato. Dal 9 maggio 2023 questa testimonianza dissacrata versa in uno stato pietoso, annerita dal
fumo provocato dall'incendio di due macchine date alle fiamme, parcheggiate nelle vicinanze
dell'abitazione paterna del Nostro di via Pietro D'Ercole, e proprio accanto al muro ove è sistemata
la lapide. Son trascorsi ben due anni e nessuno fino ad oggi, pubblico o privato, si è preoccupato di
riportarla al suo splendore con un opportuno e tempestivo restauro. Fino a quando sfregiata e
dimenticata da tutti rimarrà in questo stato? Si perderà nel tempo consunta da acqua, gelo, vento e
dalla incuria e dalla indifferenza degli uomini ? Dimenticando un figlio che si è fatto onore e ha
dato onore alla propria città, la nostra Comunità sembra essere stata colta da amnesia.Sembra che
nel nostro paese siano ritornate la "damnatio memoriae" e la "libido delendi" , quel desiderio di
distruzione di personaggi e di testimonianze di cui la nostra Comunità si è resa responsabile molte
volte nel tempo. Orfana del passato, della propria memoria storica, delle proprie origini la Città non
potrà orientarsi verso il futuro e costruire il proprio destino. Questo appello rivolto alle Istituzioni
pubbliche e private non cada nel vuoto. Sono certo che le glorie, i monumenti, i fatti della nostra
terra sapranno ancora una volta suscitare e svegliare in tutti i terlizzesi un sano e giusto orgoglio
civico, antidoto alle ingiurie del tempo e degli uomini; che la memoria di una figura così complessa
e poliedrica di architetto umanista, autentico intellettuale "organico" e cultore del Bello "che ebbe
profondo il senso della storia come strumento di interpretazione del presente a cui era radicata la
sua identità di uomo universale e di cittadino romano della diaspora terlizzese"(Maria Gabriella
Gargano, per Michele Gargano architetto, Terlizzi 1996),continuerà a vivere in mezzo a noi con le
sue opere che abbiamo il sacrosanto dovere di conservare, difendere, conoscere e far conoscere; con
le sue scelte di vita, il suo coraggio, la sua gentilezza, la sua integrità, la sua etica del lavoro,
insomma con la sua profonda umanità e l'umiltà del suo nobile animo che hanno potuto constatare
di persona l'ing. Tommaso Malerba, che affiancò il Nostro nell'opera di ricostruzione del Carro, e i
suoi tanti amici ed estimatori: "L'umiltà del suo animo traspariva sempre nei rapporti con gli altri,
e chi gli stava vicino non si lasciava intimidire dalla genialità in quanto non era spavalda e
arrogante, non creava il vuoto intorno, anzi diventava forza aggregante…" ("Il Carro perduto-
ricostruito", Terlizzi 2016, p.32 ).L'auspicio è che la sua ultima opera, il Nuovo Carro, non diventi
nel giorno della festa solo "…una vetrina per amministratori, onorevoli, presidenti e gente in
carriera. Il trionfo è tutto loro, mentre la Beata Vergine, lassù, è un optional. Preghiere pochine,
mondanità tanta…" ("Il Carro Trionfale del 2000 di Francesca Sarcina", Terlizzi'87,luglio/agosto
1992), ma viva memoria religiosa e civica di cui la nostra Comunità ha l'obbligo di essere gelosa
custode. L'Architetto continuerà a vivere nel tempo e tra i suoi concittadini con la sua umanità e
con le sue opere che gli anni e la morte non scalfiranno e non cancelleranno. Pertanto, al Nostro si
può ben addire la frase di Orazio: "Non omnis moriar, multaque pars mei vitabit Libitinam" (non
morirò del tutto, e la più gran parte di me sfuggirà a Libitina (dea romana della sepoltura e dei riti
funebri) (Odi -III,30)».
Dr. Vito Bernardi –Studioso della storia di Terlizzi e della Puglia
Già Direttore della Biblioteca Comunale di Terlizzi