La quartecèdde e il rituale di sepoltura dei morti
Alcune curiosità storiche che danno origine alla sagra della quartecèdde
mercoledì 26 ottobre 2016
14.42
Si ripete anche quest'anno il tradizionale rituale della quartecèdde. Il 2 novembre, in largo Cirillo, si terrà a Terlizzi la sagra dedicata a questo pane farcito che richiama un'antica usanza. Una festa con le marce della banda, la musica di un gruppo folk campano, l'accensione dei falò e ovviamente l'assaggio della tradizionale quartecèdde. Ma ecco, attraverso le parole di Vito Bernardi, dirigente della Biblioteca comunale, la storia di questo antico rituale.
Che cosa è la quartecèdde
«Particolarità e caratteristiche proprie assume l'usanza della incalcinata o quartecèdde, alimento tipico terlizzese consumato in tutte le famiglie nel giorno dei morti» spiega Bernardi. «Rappresenta la quarta parte di un pane, in origine di forma circolare, del peso di un kg, riempito di ricotta dal sapore piccante (askuande), di tonno, di acciughe salate (sarèke) e con l'aggiunta, a volte, di spezie quali il pepe o il peperoncino, e trasformatosi nel tradizionale pizzaridde».
Il legame con i riti funebri
Il termine incalcinata ricorda il rito funebre di un tempo che trovava la sua conclusione con la deposizione del corpo del defunto nel conditorio (sepolcreto) della chiesa.
Le nostre chiese terlizzesi furono sedi di conditori vietati nel 1804 dall'editto napoleonico di Saint Cloud . Ancora ben conservato si presenta il conditorio dell'arciconfraternita delle Sagre stimmate di San Francesco. Il conditorio era un grande stanzone con sedili in pietra alle pareti. Il corpo trovava sistemazione sul sedile con una ginocchiatoia che dava una persona scelta dai parenti del morto. Successivamente si procedeva alla incalcinata , a ricoprire il defunto con calce fresca.
La tradizione terlizzese nel giorno dei morti
Per i nostri contadini il 2 novembre era un giorno particolare. Alle tre di mattina, al suono delle campane si recavano in chiesa insieme ai parenti e amici per partecipare alla messa e all'officio dei defunti e portavano nella sacchètte (piccola disaccia) la quartecèdde che veniva benedetta al termine dei sacri riti. Arrivati in campagna alle prime luci dell'alba, prima di iniziare la giornata lavorativa, si mettevano intorno al fuoco e facevano la murènne ( colazione) consumando la quateccèdde. Questo pane, però, non veniva dato ai bambini per i quali si preparava la colva, un dolce povero di origine medievale dal sapore amarognolo realizzato con i chicchi di melograno, pianta simbolo del paradiso il cui frutto simboleggia la Chiesa.
Il significato della quarteccèdde
La quarteccèdde, il cibo terlizzzese per antonomasia del giorno dei morti, assume una forte valenza simbolica per la sua forma e per gli ingredienti di cui è composta. E' segno di purificazione del corpo, di attaccamento viscerale alla vita continua, rito per esorcizzare la paura della morte. Nella nostra comunità cittadina rappresenta l'occasione per dolci momenti di condivisione, di accoglienza, di fratellanza. Per Questo è doveroso e necessario ricordare e perpetuare nel tempo questa come le altre usanze del nostro popolo per conoscere quanto di altro, di puro, di bello nel suo cuore.
Che cosa è la quartecèdde
«Particolarità e caratteristiche proprie assume l'usanza della incalcinata o quartecèdde, alimento tipico terlizzese consumato in tutte le famiglie nel giorno dei morti» spiega Bernardi. «Rappresenta la quarta parte di un pane, in origine di forma circolare, del peso di un kg, riempito di ricotta dal sapore piccante (askuande), di tonno, di acciughe salate (sarèke) e con l'aggiunta, a volte, di spezie quali il pepe o il peperoncino, e trasformatosi nel tradizionale pizzaridde».
Il legame con i riti funebri
Il termine incalcinata ricorda il rito funebre di un tempo che trovava la sua conclusione con la deposizione del corpo del defunto nel conditorio (sepolcreto) della chiesa.
Le nostre chiese terlizzesi furono sedi di conditori vietati nel 1804 dall'editto napoleonico di Saint Cloud . Ancora ben conservato si presenta il conditorio dell'arciconfraternita delle Sagre stimmate di San Francesco. Il conditorio era un grande stanzone con sedili in pietra alle pareti. Il corpo trovava sistemazione sul sedile con una ginocchiatoia che dava una persona scelta dai parenti del morto. Successivamente si procedeva alla incalcinata , a ricoprire il defunto con calce fresca.
La tradizione terlizzese nel giorno dei morti
Per i nostri contadini il 2 novembre era un giorno particolare. Alle tre di mattina, al suono delle campane si recavano in chiesa insieme ai parenti e amici per partecipare alla messa e all'officio dei defunti e portavano nella sacchètte (piccola disaccia) la quartecèdde che veniva benedetta al termine dei sacri riti. Arrivati in campagna alle prime luci dell'alba, prima di iniziare la giornata lavorativa, si mettevano intorno al fuoco e facevano la murènne ( colazione) consumando la quateccèdde. Questo pane, però, non veniva dato ai bambini per i quali si preparava la colva, un dolce povero di origine medievale dal sapore amarognolo realizzato con i chicchi di melograno, pianta simbolo del paradiso il cui frutto simboleggia la Chiesa.
Il significato della quarteccèdde
La quarteccèdde, il cibo terlizzzese per antonomasia del giorno dei morti, assume una forte valenza simbolica per la sua forma e per gli ingredienti di cui è composta. E' segno di purificazione del corpo, di attaccamento viscerale alla vita continua, rito per esorcizzare la paura della morte. Nella nostra comunità cittadina rappresenta l'occasione per dolci momenti di condivisione, di accoglienza, di fratellanza. Per Questo è doveroso e necessario ricordare e perpetuare nel tempo questa come le altre usanze del nostro popolo per conoscere quanto di altro, di puro, di bello nel suo cuore.