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Quello non è più il mio lido

Era l’estate del 1996, avevo 20 anni, capelli lunghi ondulati, e un mucchio di sogni nel cassetto.

Era l'estate del 1996, avevo 20 anni, capelli lunghi ondulati, e un mucchio di sogni nel cassetto.

Avevo appena finito la mia sessione di esami all'università ed avevo due mesi liberi.

Luglio e Agosto.

Mi trovai un lavoro come animatore per bambini in un lido di Santo Spirito, a 6 km da Bitonto.

500 mila lire per due mesi, mezza giornata, dalle 10,30 alle 12,30.

Ottimo.

Tutte le mattine, mi svegliavo, facevo l'autostop e arrivavo nel lido dove c'erano una quindicina di bambini scalmanati da far divertire.

Ogni giorno ero costretto ad inventarmi un gioco scemo, un torneo, una caccia al tesoro.

Mi portavo chitarre, tamburi, palloni, palloncini, pur di far divertire quei 15 bambini posseduti dal demonio.

All'inizio erano diffidenti.

Poi riuscii a conquistarli.

E mi divertivo anch'io. Da morire.

Ricordo che mentre noi giocavamo, i genitori dei bambini si fermavano intorno a noi per assistere alle nostre cazzate. Ridevano di brutto.

Ed io mi sentivo bene.

Tornavo a casa con addosso salsedine, sudore e gioia e non vedevo l'ora che arrivasse il giorno dopo.

Una mattina, senza dire nulla al proprietario del lido, organizzai una giornata di giochi ed ed intrattenimento anche per gli adulti. Facemmo giochi, Karaoke ed altre cazzate.

L'energia e l'allegria dei bambini aveva contagiato anche gli adulti.

Quel lido era diventato una cosa pulsante, viva, piena di vibrazioni.


La gente del lido mi voleva davvero bene, manifestava gratitudine costante per ciò che facevo. Mi offrivano gelati e mi chiedevano: cosa ti inventerai domani?
Quello era diventato il mio lido.Stamattina, mentre andavo a fare la spesa, sono passato con la mia bicicletta davanti al lido Cala d'Oro.

Ho lanciato un'occhiata al suo interno.
Ho visto svariati bambini.

Tutti seduti.

Ingobbiti.

Avevano tutti lo smartphone in mano.

Giocavano a qualcosa.

Tutti sotto un gazebo, lo stesso dove noi, grandi e piccini, giocavamo a fare gli scemi.

Intorno a loro non c'erano genitori divertiti.

I genitori erano lontani, chissà dove, forse anche loro con lo smartphone in mano a giocare a qualcosa.

Quello non è più il mio lido.

Non c'è rimasto nulla.

Niente vibrazioni.

Vibrano solo cellulari.
  • mare
  • raffaello tullo
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Un esperimento di racconto in divenire, tra sprazzi di nostalgia, ispirazione e pensieri in libertà.

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